C’è chi la musica la suona, chi la vive sotto palco, e chi la trasforma in luce. Da quindici anni la fotografa Francesca Sara Cauli si muove inseguendo ritmo, corpi e colore. La sua nuova mostra “LIGHT! MY FIRE” raccoglie una selezione di scatti realizzati tra il 2015 e il 2025. A ospitarla sarà la QR Photogallery (via Sant’Isaia 90), dal 7 novembre al 10 dicembre 2025, con opening il 7 novembre alle 18.

Fast Animals And Slow Kids-Miami Festival 2019- Foto di Francesca Sara Cauli
Nel suo percorso visivo sfilano palchi europei, festival mediterranei, club incandescenti. Il suo obiettivo ha catturato alcuni tra i nomi più iconici della scena internazionale: Depeche Mode, Radiohead, The Cure, Grace Jones, Beck, Blur, Franz Ferdinand, PJ Harvey, Morrissey, LCD Soundsystem, FKA Twigs, Kendrick Lamar, Erykah Badu, M.I.A., Janelle Monáe, Phoenix. Una galleria di personalità che hanno riscritto estetiche e linguaggi del live contemporaneo.

M.I.A.-Barcellona- Foto di Francesca Sara Cauli 2022
Nel suo archivio vibrano anche le nuove generazioni che stanno trasformando la musica in un territorio identitario: Rosalía, Charli XCX, Caroline Polachek, Aurora, Fontaines DC, Lorde. E poi l’Italia, come Cesare Cremonini, Ghali, Mahmood, Lucio Corsi, Daniela Pes. Negli ultimi anni, Cauli ha aggiunto al suo vocabolario visivo il jazz, collaborando con il Bologna Jazz Festival e Time in Jazz di Paolo Fresu.

Mahmood-Bologna 2025- Foto di Francesca Sara Cauli
Il suo linguaggio fotografico ha una identità inconfondibile: un uso espressivo del colore, l’amore per il controluce, la ricerca del movimento come prova che la musica non si può fermare, ma solo ricordare. Nei suoi scatti si sente la folla trattenere il fiato, si vede la luce tagliare il buio, si avverte l’energia che passa dal palco al pubblico senza chiedere permesso. Cauli trasforma il suono in gesto visivo, in memoria condivisa, in emozione che resta anche quando l’amplificatore è ormai spento.

Lenny Kravitz-Bologna 2025-Foto di Francesca Sara Cauli
“LIGHT! MY FIRE” non celebra solo i grandi nomi. Racconta il concerto come rito collettivo, come spazio dove la musica diventa corpo, incontro e libertà. Un viaggio di dieci anni tra città, generi e generazioni, tenuto insieme da uno sguardo curioso e inquieto, che non punta mai all’icona ma al momento in cui tutto prende fuoco.
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