Visual

“She Rocks”. Le musiciste negli scatti di Francesca Sara Cauli

17-10-2019

Di Il Lato B di Bologna

Combinando il suo grande amore per la musica con la fotografia, dal 2008 si occupa di reportage di musica dal vivo e di ritratti backstage. Ogni anno ritrae decine di artisti, sia sul palco che dietro le quinte. Segue la scena rock internazionale, in particolare l’ambiente indipendente ed underground.

È la fotografa bolognese Francesca Sara Cauli, una delle artiste che ospiteremo nella prima serata di About Stories, la nostra rassegna di eventi a Porta Pratello organizzata in collaborazione con Arci Bologna. Il 16 settembre alle ore 20 dilagherà insieme alla regista e sceneggiatrice Margherita Ferri e alla music e art performer Serena Zaniboni.

Qui trovate il link all’evento.

Francesca Sara Cauli è fotografa per Sentireascoltare, rumore, Rockit, Beaches brew Festival e MiAmi Festival, occupandosi nello specifico di reportage di musica dal vivo, ritratti e backstage.

In collaborazione con Gallery 16, nel 2019 ha creato la mostra personale She Rocks, incentrata sul tema delle molteplici identità iconografiche e musicali delle musiciste della mia generazione.

Sedici fotografie, sedici donne, una fotografa. Ma attenzione, She Rocks non è una mostra sulla “musica al femminile”. Concetto che viene messo ben in evidenza dal sottotitolo scelto da Elena Raugei di Sentireascoltare e Il Mucchio Selvaggio: musiciste dal vivo al di là del genere.

Sono artiste diverse, sia a livello stilistico che iconico, che Francesca Sara Cauli ha catturato in diversi momenti della sua carriera.

L’abbiamo incontrata per parlare non solo della sua mostra, ma anche del suo percorso artistico nel clubbing bolognese.

Grace Jones | Foto di Francesca Sara Cauli

Partiamo dalla mostra, com’è nata l’idea?

«Quando Ilaria Magagni mi ha contattato per chiedermi se fossi interessata a fare una mostra da lei a Gallery16, ho deciso subito che avrei messo in mostra solo foto di musiciste. Quando ho preso questa decisione, in realtà, non avevo ancora in mente quali foto avrei usato, quindi le ho chiesto qualche mese di tempo e durante l’estate mi sono concentrata tantissimo sul fotografare le artiste dei festival in cui ho lavorato.

Per la mostra ne ho selezionate 16, alcune scattate questa estate altre più storiche. Tutte musiciste straniere e non necessariamente le mie preferite a livello musicale. Mi piace molto la sintonia che provo quando fotografo una musicista piuttosto che un musicista, mi piace di più, lo sento più vicino al mio modo di fotografare».

 

È stata la tua prima mostra?

«Con un tema così definito sì, però ne ho fatte altre in giro più generiche».

 

Da quanto tempo vivi a Bologna? È nata qui la passione per la fotografia?

«Vivo qui da quasi 15 anni ormai e mi sono trasferita qui per studio da Cagliari. Sì, la passione è nata qui durante una crisi universitaria una decina di anni fa».

Pj Harvey | Foto di Francesca Sara Cauli

Sei partita subito con la musica?

«Sì, perché sono una grandissima appassionata e per imparare mi portavo dietro la macchina fotografica. Frequentavo i piccoli localini bolognesi, per esempio il vecchio Macondo quando c’erano ancora le jam session fino alle cinque del mattino.

Pensa che ci son ancora delle mie vecchissime fotografie appese ai muri, foto che facevo ai miei amici che suonavano là. Poi è arrivata l’Arterìa. Insomma, ho iniziato dai locali più bui e underground di Bologna».

 

Com’è essere una fotografa donna in ambiente musicale?

«È difficile però ho devo dire che le cose stanno migliorando. Ti dico che quando ho cominciato io, una decina di anni fa, ero una delle pochissime fotografe donne giovani, adesso noto che molte più ragazze si affacciano a questo mondo.

É difficile soprattutto perché a causa del sessismo tende a esserci il pregiudizio che una donna che abbia a che fare il mondo della musica abbia determinate mire. Poi posso dirti per certo che è un lavoro fisicamente molto stancante. Ci sono casi in cui non c’è il pit lane e bisogna sgomitare in mezzo al pubblico, girare con uno zaino pieno di obiettivi pesanti. Devi essere brava a reggere lo stress.

Diciamo che è un ambiente difficile in generale. Quando ho iniziato c’era più omologazione, ora sto notando che soprattutto le ragazze tendono a sviluppare un loro stile personale. Sono convinta che questo si noti anche nelle mie foto. Ho sempre cercato di metterci quel qualcosa di più della solita fotografia che propone musicista e strumento statico. Nel tempo ho lavorato per mettere molto di me in quello che stavo facendo e ovviamente è una cosa che si nota».

 

Parlami del tuo percorso artistico. Bologna ha avuto un’influenza sul tuo modo di fotografare?

«Seguire le scene più indie di Bologna come quelle del Covo Club, del Locomotiv e dell’Estragon mi ha molto influenzato. Sono rimasta un po’ affezionata al mondo del club e l’essermi fatta le ossa in posti molto piccoli e molto bui mi ha dato un gusto estetico particolare.

Bologna quindi è stata fondamentale perché negli anni è stata una meta di passaggio di questo tipo di band. Mi ha anche dato l’opportunità di fotografare le band prima che diventassero famose e, quindi, di crearmi un portfolio composto da foto più rudimentali ma anche più rare.

Per esempio ti cito Kim Gordon, la foto che è in mostra è stata fatta al Covo Club. Kim Gordon è la bassista dei Sonic Youth, allora si erano appena sciolti. Se avessi dovuto fotografare loro tre insieme avrei avuto un palco più alto, una situazione meno vicina. Invece ho portato a casa una foto di lei seduta in terra con lo strumento in aria proprio perché era una piovosa serata infrasettimanale, sono uscita di casa e sono andata a al concerto insieme ad altre 100 persone al Covo Club.

Questa città per me è stata fondamentale perché mi ha permesso di scattare quel tipo di foto di cui poi la gente si ricorda».

Fka Twigs | Foto di Francesca Sara Cauli

I tre concerti preferiti di tutta la tua carriera a Bologna?

«Gli Arcade Fire, quelli con cui ho iniziato a fare sul serio. È stato nel 2010 all’Arena Parco Nord.

I Radiohead, sempre all’Arena Parco Nord. Sono per me un gruppo fondamentale a livello di gusto personale. Mi ero ripromessa di fotografarli prima dei 30 anni. Ce l’ho fatta per un soffio a causa di una serie di sfortunati eventi, per fortuna alla fine è andato tutto bene e ci sono riuscita.

Come terzi ti dico Sharon Van Etten, una super icona indie».

 

Raccontami un po’ di aneddoti interessanti

«Ne ho davvero tanti sai? Potrei continuare un bel po’, ma ti citerò quelli che mi sono rimasti più impressi.

Parto da uno degli ultimi concerti che ho fotografato, quello di Frank Carter & The Rattlesnakes. Le cose sono andate così: mentre ero in fila per entrare nel pit lain mi è arrivata una chiamata importante e una volta messo giù il telefono non volevano più farmi entrare! Botta di fortuna, Frank Carter si è buttato sul pubblico. Ovviamente ho colto l’occasione al volo e sono rimasta lì in attesa sperando che prima o poi tornasse indietro. Alla fine ci sono riuscita: l’ho fotografato ribaltato sul pubblico nel momento prima che tornasse sul palco.

Vale la pena citare anche il concerto di Manu Chao all’Arena Parco Nord, una situazione difficile da dimenticare. Il pubblico era decisamente molesto: mi tirava i capelli, mi accarezzava, ad un certo mi è addirittura arrivata una bottigliata in testa! Sono finita a testa i giù e mi ha raccolta la security.

Per fortuna ho anche ricordi decisamente più positivi, tipo Kim Gordon che si sdraia al Covo Club, molto emozionante. Oppure Kate Nash che chiama tutto il pubblico sul palco del Covo Club a ballare con lei. Ho questa foto di lei con tutto il pubblico intorno».

Condividi questo articolo