La realtà che viviamo oggi è molto diversa rispetto a pochi mesi fa, siamo costretti a stare in casa, a convivere più da vicino con noi stessi e siamo portati ad avere un atteggiamento più riflessivo. Di questa esperienza unica è importante conservare una traccia, che sia attraverso la parola, il disegno o entrambe le cose. Pensieri e forme che si intrecciano insieme come testimonianza di un vissuto collettivo, raccolti in un diario ideale, il diario della quarantena. Questa è l’anima del progetto artistico di Silvia Costa, intitolato Sono dentro. Essere ciò che è chiuso in un tratto.
L’invito a partecipare è esteso a tutti: basta scrivere una email all’indirizzo ssilviacostaa@gmail.com contenente un pensiero, una riflessione, una visione. Silvia trasformerà le parole in disegni, usando il suo stile minimale e pulito. Ogni giorno sull’account Facebook e Instagram di Silvia Costa verranno pubblicati i disegni realizzati.
Questo progetto è nato sulla scia di un’iniziativa simile, presentata lo scorso 24 gennaio, in occasione di Artcity, alla Biblioteca delle Donne di Bologna in collaborazione con Xing.
L’artista, regista e performer aveva realizzato alcuni disegni, raccolti insieme come a formare un diario personale, interpretando pensieri e parole lasciati dai frequentatori della biblioteca.
Silvia parlami del progetto. Chi ti scrive oggi?
“Il progetto “Solo dentro. Essere ciò che è chiuso in un tratto” si è rivelato profetico. Bologna è stata la terza tappa di un tour. Prima Parigi e Marsiglia. In ogni tappa ho realizzato qualcosa di diverso legato alla mia arte. A Parigi era incentrato sulla scrittura, a Marsiglia mettevo in scena una performance. E a Bologna ho inventato una terza via. Ho deciso di mettermi in ascolto degli altri, interpretando i loro pensieri che mi lasciavano durante il giorno, traducendoli, di notte, in immagini visive.
A marzo ho deciso di ampliare il progetto declinandolo sull’esperienza della quarantena. Ho proposto lo stesso anche in Francia dove lavoro molto con il teatro. Al momento ho realizzato 20 disegni da pensieri italiani e otto da quelli francesi.
Lo stimolo è quello di raccontarsi, partendo da una frase, poi io sintetizzo il tutto dentro un tratto. Incoraggio il progetto ad andare avanti e invito le persone a scrivermi.
Sono molto colpita dalla profondità delle riflessioni che ricevo. Estrapolo spesso da lunghe email delle frasi per renderle più astratte, lontano dal contingente. Quando poi rimando al mittente il disegno si crea un legame e posso avvertire il sollievo dell’altro nel sentire che un pensiero risuona.
Quello che viviamo è sconosciuto e cerchiamo di interpretarlo”.
Molte persone hanno ricominciato a scrivere. Mi fa commuovere. Nelle giornate frenetiche, a cui ormai ci eravamo abituati, si tende a perdere il contatto con se stessi. E ora tornare a qualcosa di semplice e intimo è prezioso.
Mi scrivono adulti ma anche adolescenti. Questi ultimi in particolare mi hanno colpito per la loro profondità di analisi. Si sentono reclusi ovviamente, passano molto tempo con i famigliari pur avendo un’età che li porta a staccarsi da loro. Osservano i genitori slegati da quel particolare ruolo, li percepiscono come persone, che si trovano a loro volta in difficoltà o magari semplicemente più riflessivi. Cercano anche indipendenza e trovano una fuga nella lettura e più in generale ho riscontrato che sperimentano varie forme d’arte e non solo videogame.
I preadolescenti con cui ho avuto a che fare invece vivono la situazione con senso di irrealtà cinematografica. I genitori hanno un ruolo fondamentale e questo periodo concede anche a loro la possibilità di riscoprire questo ruolo che nella routine lavorativa è lasciato indietro”.
Cosa rappresenta per te il disegno e quali caratteristiche hanno le tue illustrazioni?
“Per me il disegno è una pratica intima, che va oltre la produzione di un oggetto. Tengo da anni un diario con i miei disegni e pensieri ma solo recentemente sono uscita dal mio guscio e li ho portati all’esterno. La caratteristica principale dei miei disegni sono figure umane, senza sesso, intente a fare qualcosa. Riproducono un gesto e io lo disegno pensando, a un’azione sul palcoscenico. Il lavoro nel teatro influisce molto nei miei disegni. Cerco di rappresentare il movimento in una forma bidimensionale. Unisco vari elementi. La voce, che rappresenta le frasi che accompagnano il disegno, le mani, che sono un elemento fondamentale, richiamano la concretezza e infine i puntini, che servono a dare dinamicità all’azione.
Spesso parto da un pensiero per arrivare al disegno ma capita anche il viceversa, prima l’immagine e poi la scrittura.
Disegno in bianco e nero, senza colori di solito. Per i disegni recenti ho utilizzato invece alcuni pigmenti metallici come oro, argento e bronzo, perché volevo dare ai pensieri di quarantena un punto di luce. Ne ho bisogno per aggiungere luminosità dove non c’è. I pensieri che mi arrivano sono spesso cupi e pesanti”.
Hai notato un cambiamento dall’inizio della quarantena nei contenuti delle email e negli umori di chi ti scrive?
“Esistono delle fasi. I primi disegni che ho realizzato raffiguravano umani piegati, rannicchiati, che portano sulle spalle un macigno o cercano protezione, accucciati. Chiaramente rispecchiavano un senso di preoccupazione e oppressione da parte di chi mi ha scritto.
Dopo varie settimane di quarantena e con la primavera che sboccia, gli umori sono mutati così come le forme e mi trovo a disegnare molti elementi naturali accompagnati da figure umane. Per esempio ho disegnato una figura umana con le mani nella terra che diventano radici come una metamorfosi umana dentro una pianta.
Le persone hanno fatto un’evoluzione, un cambiamento, sono resilienti e prendono spunto dalla natura per reagire. È un messaggio di rinascita. Trovare la linfa vitale, guardare fuori l’esplosione di vita primaverile è di grande ispirazione”.
Vuoi condividere la tua esperienza della quarantena?
“Quando hanno chiuso tutto in Italia, io mi trovavo all’estero. Ho fatto la valigia in fretta e sono tornata a casa in 24 ore. Le prime giornate sono state strane, mi sono trovata in una realtà stravolta. Non avere un riscontro con il mondo esterno ha avuto un’influenza sulla mia creatività. Non mi ero accorta che un pensiero si trasforma anche solo prendendo l’autobus, un treno o un aereo. Ora i pensieri hanno la natura dell’informe. Vivo tante fasi diverse anche io, ogni giorno è uguale ma io non sono la stessa. Voglio fissare la memoria di questo periodo, tenere il ricordo dei sentimenti legati a quello che stiamo vivendo. Non bisogna vergognarsi di usare questo tempo per riflettere sul nostro mondo perché sarà importante per il dopo. Anche se credo non torneremo alla vita di prima, siamo piuttosto dentro un processo che ci cambierà in modo irreversibile. La comunità è diventata un corpo unico che deve ricostruire se stesso. Il sistema è fallato e questa situazione ne ha messo in luce le fragilità. Per fortuna esiste la possibilità di una ricostruzione personale perché la corazza che avevamo addosso legata alla frenesia del fare ora è caduta e siamo costretti a guardarci dentro”.
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