Design & Moda

Lavorano all’uncinetto davanti alle repliche di Sanremo. Benvenuti da Sunvitale Studio

05-04-2024

Di Sara Santori
Foto di Beatrice Belletti

«Sunvitale Studio è romantico, ma con una certa ironia. Ama i colori che si mescolano tra di loro, le risate che scoppiano e illuminano l’aria». Così si descrivono nella loro brand identity e l’ho trovato perfetto.

Sunvitale Studio è un brand di handmade e moda artigianale che realizza accessori e capi di abbigliamento all’uncinetto, fondato nel 2020 da Alessandro Falce e Giovanna Cariello. Lui campano, lei sarda, si incontrano all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove entrambi studiano Fashion Design.

Ci accolgono per intervista e servizio fotografico. Via San Vitale, suoniamo, le scale di graniglia consumata dei palazzi del centro, apriamo la porta, davanti a noi una macchina da cucire, un manichino con un abito in costruzione, uno stender con capi appesi, una moodboard. Siamo nel laboratorio di Sunvitale, che poi è l’ingresso di casa loro.

Amici e coinquilini, si ritrovano a casa con il Covid, post lockdown, e si dicono: «potremmo mostrare le cose che facciamo – racconta Alessandro – non siamo partiti con un’idea stilistica definita, da qui la scelta del nome “Studio”, per essere un contenitore di pezzi artistici».

Sunvitale Studio è considerato da Alessandro e Giovanna come un giardino fiabesco, un laboratorio di idee e forme che curano e coltivano; il terreno dove l’immaginazione si trasforma in oggetti fantastici. «Nasce tutto in modo spontaneo, c’è un’idea iniziale, una fase di brainstorming, di studio della palette colori e delle moodboard, ma poi tutto è legato ai materiali che troviamo, sempre riciclati. Da lì prende davvero vita la collezione. I filati ci consentono di sperimentare tantissimo. I modelli nascono step by step, facendo tante prove, soprattutto quando si lavora all’uncinetto, perchè si può fare e disfare. Anche qui è tutto molto spontaneo, sono capi cut out realizzati a manichino, che prendono forma tra mano e filato». Tutto avviene a quattro mani («tranne i disegni!» esclama Giovanna, che ammira molto la mano di Alessandro), con dialogo e condivisione continui.

I filati che utilizzano sono rigidi, me ne rendo conto toccandoli, «sono delle armature – dice Giovanna – li scegliamo così perché sono più luminosi». La ricerca dei materiali si svolge dal mercato della Montagnola («dovresti vederci quando spulciamo e ci immaginiamo cose!») alle cantine degli amici, attraverso una rete di luoghi e persone creata nel tempo.

Le ispirazioni arrivano «da tutto ciò che ci circonda, dal quartiere vibrante e attivo nel quale viviamo, quasi una bolla, che cerchiamo di tramettere in quello che facciamo».

Il nome Sunvitale è un gioco di parole tra il nome della via dove abitano e la parola “sun”: nato post pandemia, esprime la voglia di rinascita, la vitalità del sole e la positività che desiderano trasmettere attraverso le loro creazioni.

«Siamo molto simili come gusti e riferimenti, quasi non seguiamo i trend e quasi non vogliamo vendere, forse è questo che ci rende più riconoscibili. Vogliamo sentirci liberi di esprimere noi stessi, anche cercando di inventarci nuovi punti all’uncinetto che non si possono riprodurre (e comunque non usiamo mai i classici punti “della nonna”).

La libertà di espressione la intendiamo anche nel senso che i nostri capi sono per tutti, senza taglia, senza genere. Noi siamo così, e anche Bologna».

Vendono principalmente borse e accessori e chi acquista sono specialmente persone attente ai temi dell’ecosostenibilità e all’utilizzo di materiali consapevoli. E le signore, che riconoscono il tempo e il valore delle tecniche e la qualità del prodotto.

«Per gli abiti è diverso, ci vogliono due mesi per fare un abito. Non li vendiamo, perchè sarebbe difficile quantificarli. Ci capita di prestarli per styling, shooting, editoriali, live di artisti. Ci trovano loro, ci contattano, poi, se va bene, dopo sei mesi ci tornano indietro».

Nel 2021 iniziano una collaborazione con Marco Rambaldi, andata avanti per diverse collezioni, per le quali si occupavano di abiti e accessori all’uncinetto, progettati insieme a lui e in base al suo moodboard di collezione: dal disegno alla realizzazione dei prototipi, dalla produzione ai prodotti finiti. «Ci è stata data carta bianca, l’ambiente era amichevole, familiare, è stato molto bello ma anche molto impegnativo. Gli sforzi sono sempre stati ripagati ma la cosa più difficile è stata rientrare nei tempi del fashion system, che sono estremi. Ci è capitato di dover produrre anche 100 pezzi in un mese e mezzo».

Chiedo loro se c’è un materiale che non hanno ancora sperimentato e vorrebbero utilizzare: «sempre nell’ottica del giardino, ci piacerebbe crearlo e farlo crescere, ma è un po’ difficile da fare in centro a Bologna: i bachi da seta non li abbiamo e la canapa forse è meglio di no. Ancora più bello, per noi e per il mondo, sarebbe ottenere un filato da altri materiali naturali, dalle arance per esempio».

Gli chiedo inoltre se vorrebbero vedere i loro capi indossati da qualcuno in particolare: «più che su qualcuno, preferiamo che possano andare su tutti. Meglio, ci immaginiamo un luogo: una borsa scultura gigante come monumento, forse proprio perché non li vediamo come capi. Poi siamo tipi molto boomer, più di tutto vorremmo andare in TV, vedere le nostre creazioni a Sanremo!».

Si definiscono boomer e fanno l’uncinetto davanti alle repliche di Sanremo, ma sono giovani, ironici, curiosi e genuini, non hanno paura di sperimentare e mettersi in gioco e lo fanno con grande dedizione e autenticità.

Visto il loro legame col quartiere, mi faccio svelare i luoghi che frequentano di più: «la Montagnola, le serate Transia e il Freakout, per l’ambiente queer, la libertà di abbigliamento e le sottoculture bolognesi, e poi… il bar Maurizio! è il nostro secondo ufficio. Ormai abbiamo il nostro tavolo riservato, quando ci vedono arrivare ci dicono: dovete creare? prego accomodatevi!».

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