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Tersø, la nostalgia della fisicità in un album fatto di “rivoluzioni sussurrate”

05-02-2021

Di Beatrice Belletti

Con il nostro nuovo format di domande “manifesto” stiamo affrontando i temi dell’identità e della condivisione di questo periodo fatto di privazione e speranza.

Per il terzo capitolo ci siamo chieste Come si fa a guardare e non toccare?

Il centro focale si sposta sulla fisicità, fisica ed emotiva, dai luoghi alle relazioni. Quella che segue è l’intervista con il duo elettronico emiliano Tersø, nato nell’inverno del 2016 dall’incontro tra Marta Moretti e il producer Alessandro Renzetti, sul nuovo album e il rapporto con la fisicità post-pandemia.

Il progetto si sviluppa tra melodie e sonorità elettroniche caratterizzati da atmosfere nordiche e un’attitudine internazionale. Dal singolo d’esordio Non mi sento (marzo 2017) la band si è esibita in una serie di date live nei maggiori festival italiani. Nell’estate 2020 i Tersø tornano in studio per ultimare il secondo album Iperfamiglia, uscito il 29 gennaio per Vulcano Produzioni, prodotto insieme a Marco Caldera, e preceduto dai singoli Laser e Aurelia.

Di Iperfamiglia i Tersø dicono: “sono otto delle canzoni che abbiamo scritto nell’ultimo anno, il filo che le lega è la vita di tutti i giorni: dalle sigarette alle nostalgie, da quello che mangeremo stasera alla vista dalle finestre di casa, le cose che vogliamo raggiungere e i motorini con cui sorpassiamo per evitare la coda. Otto rivoluzioni sussurrate all’orecchio con le nike consumate ai piedi”.

 

Partiamo dall’identità. Chi sono i Tersø?

“I Tersø sono Marta che scrive testi e melodia e Alessandro che cura le parti strumentali. Insieme poi ad Alefe e Luca Ferriani, che rifiniscono ulteriormente la produzione dei brani, e la label Vulcano che è il nostro campo base. Se possiamo scegliere, a una passeggiata in centro, preferiamo il bosco e tendenzialmente non guardiamo la tv“.

 

Che ruolo gioca secondo voi la personalità del singolo artista nella dinamica di duo?

“Molto ma arriva fino ad un certo punto, nel senso che ognuno di noi porta quello che è ora e tutta la sua storia filtrandola e mischiandola con quella dell’altro in un unico punto d’incontro che, alla fine, ci mette sempre d’accordo”.

Tersø

Parliamo di Laser, nato dalla prima fase di isolamento che abbiamo vissuto, la quarantena. È il suono della nostalgia? Di ciò che mancava ancora prima che l’essenziale ci fosse tolto?

“Più che nostalgia è la consapevolezza che troveremo il modo di rifare quelle cose. Durante quei primi mesi di lockdown vedere due persone che si baciavano per strada era quasi commovente, una situazione davvero surreale e triste ma che, al tempo stesso, ha ridato il giusto valore alle cose che forse prima davamo un po’ per scontato e che, come dici tu, forse già ci mancavano”.

 

In Laser, Marta canta “apro le finestre del mio appartamento, fuori è tutto un silenzio”. È un silenzio piacevole o sofferto?

È il silenzio surreale di quei giorni, con la gente che faceva lo slalom per strada per evitarsi. Per chi abita in centro città e non all’ultimo piano, l’orizzonte e gli spazi aperti credo siano stati tra le maggiori malinconie. Avendo la casa che si affaccia su un cortiletto interno, personalmente, mi è mancato anche il rumore del traffico che, in condizioni normali, non sopporto!”.

Tersø by @sam.dalmas____

Tersø | Foto di Sam Dalmas

Tra ciò che è venuto meno, si percepisce forte la mancanza della fisicità. Come si fa a guardare e non toccare?

“È molto difficile e la verità è che forse di natura non ne siamo nemmeno capaci per davvero, e per fortuna aggiungo! L’abbiamo solo limitata e ristretta, ma mai eliminata davvero o completamente”.

 

Quale aspetto dello show live vi manca maggiormente, sia da fan, sia da artisti?

“Tasto dolente, ti direi tutto! Dal momento in cui scegli che maglia metterti, alla coda all’ingresso. La birretta, la zona fumatori, il tipo più alto del locale ovviamente davanti a te, il momento appena prima di salire sul palco e gli abbracci subito dopo”.

 

La presenza sui social diventa uno specchio sempre meno filtrato del quotidiano, specialmente quando gli specchi di casa riflettono il monocromatismo della solitudine. Come vivete la dipendenza dall’iper-connessione? E quanto valore ha oggi essere online, non potendo esserci fisicamente?

“È un aspetto del nostro tempo che per natura non viviamo molto bene, è molto importante per noi cercare di mantenere sempre il contatto con la realtà che, come dici tu, non sempre combacia. Se ho qualcosa da fare, per esempio, silenzio sempre ogni tipo di notifica che, in maniera più o meno invadente, mi interromperebbe.

La soluzione forse è solo trovare il giusto equilibrio, cosa non sempre facile. Mi piace pensare che, paradossalmente, quest’assurda situazione ci ha levato un po’ da quella dimensione dandoci una voglia immensa di tornare proprio alla fisicità“.

 

Ironicamente, pre-pandemia, si andava volentieri a cercare la solitudine, una pausa di riflessione per se stessi, al di fuori dall’altro e dall’immagine pubblica…

“Sì, assurdo vero? Cioè, forse non poi così tanto, se ora abbiamo pochi input esterni (input non digitali) prima ne eravamo forse totalmente inghiottiti senza avere il tempo di pensare o di farsi delle domande. Potenzialmente potrebbe essere stato un periodo di riequilibrio, da tenere a mente”.

Iperfamiglia cover album Terso by @studioframes

Portateci in un tour virtuale della vostra Bologna. Quali sono i vostri luoghi, quelli che vi rappresentano e vi mancano di più?

“Ci manca molto uscire dopo cena per una passeggiata sotto i portici di via Saragozza dentro porta, dove ci sono un sacco di posti belli tipo L’Osteria dello Scorpione, che sta aperta fino a tardissimo, e che è anche vicinissima al Pratello. Fermarci un attimo in via Mascarella prima di andare al Locomotiv, oppure bere una birra nel piazzale vicino al Rizzoli, da lì si vede tutta Bologna! I concerti del Covo Club e le serate al Cinema Lumière, l’ultima sigaretta prima di tornare a casa nel piazzale del TPO”.

 

Iperfamiglia è figlio di incertezza o uno sguardo al recupero della libertà?

“Iperfamiglia è sicuramente figlio dell’incertezza di questi mesi, ma ci abbiamo messo dentro anche tutta la nostra voglia di ricominciare”.

 

Oggi il futuro, da soli e con gli altri, è melodia o rumore?

“Dipende dalle situazioni, forse entrambi”.

 


Come si fa a guardare e non toccare?

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