C’è una fotografia del Lago di Resia, fra le cui acque svetta ancora il campanile di Curon Venosta, paese che invece giace sommerso con le sue 163 case e i suoi 523 ettari di terreno coltivato a frutta, realizzata da Silvia Camporesi in pieno inverno.
Il confine fra il lago ghiacciato e il cielo bianchissimo che lo sovrasta è abbastanza morbido da rendere il paesaggio una sorta di fondale naturale, mentre il campanile sembra il relitto di una navicella spaziale caduta lì per caso. È un’immagine aliena eppure la riconosco, è assolutamente familiare.
La fotografia fa parte della serie Atlas Italiae realizzata da Silvia nel 2015: una ricognizione fra le meraviglie abbandonate del nostro Paese. Non nude strutture irrimediabilmente spente, ma tracce leggibili del passato e della memoria.
Questo è uno dei tanti progetti fotografici presentati all’interno del volume Il mondo è tutto ciò che accade. Domani venerdì 29, alle 18,30, Silvia Camporesi lo presenterà a Spazio Labo’. Il libro, che raccoglie gli ultimi diciotto anni del suo lavoro, è diviso in sezioni tematiche. Contiene anche un testo di Claudia Casali, direttrice del Museo Internazionale delle Ceramiche (Mic) di Faenza, dov’è riportata una conversazione tra l’artista e il critico d’arte e curatore Carlo Sala, che sarà presente anche durate la serata di presentazione.
Autrice di grande rilevanza nel panorama fotografico nazionale, Silvia Camporesi è nata a Forlì nel 1973 e attraverso l’uso sapiente della fotografia e del video costruisce racconti che traggono spunto dal mito, dalla letteratura, dalle religioni e dalla vita reale. Con agilità, si muove fra l’autorappresentazione e la fotografia di paesaggio, adottando uno sguardo che è spesso introspettivo e personale, ma abbastanza stratificato e potente da stimolare l’inconscio e la memoria silente di chi guarda, cosicché alla fine le sue immagini diventano immediatamente familiari anche quando ci raccontano posti lontani e storie sconosciute.
Le abbiamo chiesto di raccontarci le sfide e le possibilità offerte dalla pubblicazione di una monografia antologica, che nel suo caso rappresenta il punto di arrivo dopo vent’anni di carriera, e probabilmente anche quello da cui ripartire:
“Il progetto nasce dalla proposta dell’editore Danilo Montanari. È stata per me l’occasione di rivedere tutti i miei lavori, di farne una selezione ragionata, realizzando che lavoro nella fotografia da quasi vent’anni! Il titolo segnala il legame con le mie origini: sono laureata in filosofia e la mia tesi fu proprio sul Tractatus di Wittgenstein. Rivedendo i miei lavori, che cominciano dai primi anni 2000 ho provato sentimenti altalenanti, ma tendenzialmente ho continuato a riconoscermi in ogni progetto, anche a distanza. Ho riconosciuto il metodo di lavoro, la ricerca che porta alla finalizzazione di ogni progetto.”
Una presentazione che è anche un ritorno a casa perché, racconta Silvia “con i ragazzi di Spazio Labo’ ho costruito un rapporto negli anni attraverso vari workshop, tenuti nella loro prima sede e altre presentazioni. È come una famiglia dove tornare ogni volta”.
Per gli affezionati di Spazio Labo’, è prevista una lectio magistralis con Silvia Camporesi, sulla sua ricerca, dalle ore 17,30 di venerdì 1 marzo.
Qui il programma completo della giornata.
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