Visual

Traumfabrik e un Batman in crisi d’identità. La Bologna punk di Emanuele Angiuli al Cinema Europa

18-11-2019

Di Luca Giagnorio

Una città molto umana, troppo umana, quasi socialista: è la Bologna di fine anni ’70, solcata dal fermento della contestazione studentesca, laboratorio permanente d’idee, radio libere e collettivi artistici.

Una città psichedelica e alternativa, punk e guascona. Una città all’avanguardia, dove la breve e intensa storia di un appartamento occupato in pieno centro da un manipolo di giovani artisti, diventa oggi emblema di un tempo passato in cui, come ricorda uno dei protagonisti, Giorgio Lavagna, “tutti eravamo troppo avanti per non fallire”.

Lunedì 18 novembre alle 21, al Cinema Europa di via Pietralata 55, Kinodromo presenta la doppia proiezione dei documentari di Emanuele Angiuli, The Batman – Vita in un paese socialista (2019) e Traumfabrik. Via Clavature 20 (2009). La serata sarà aperta dal regista, accompagnato da due suoi compagni di avventura: Franco “Bifo” Berardi e Giampiero Huber, anima dell’esperienza di Traumfabrik.

La fabbrica dei sogni (traumfabrik in tedesco) nasce in un appartamento al primo piano di via Clavature 20, occupato da Huber e Filippo Scozzari. Il clima è quello delle rivolte studentesche e la casa diventa ben presto un luogo di aggregazione, uno spazio creativo e ricreativo, dove idee e persone circolano liberamente.

Nella Traumfabrik si ascoltava musica a tutto volume, si disegnava, si chiacchierava, si consumavano sostanze proibite: una sorta di versione bolognese, gioiosa e sgangherata, della Factory di Andy Warhol.

Traumfabrik è la storia di uno spazio unico, in grado di folgorare anche un giovane Renato De Maria appena tornato da New York, che ne conserva ricordi vividi popolati da minigonne, giubbotti in pelle e Ramones a tutto volume.

Nel documentario, attraverso interviste ai protagonisti di allora, fotografie e immagini di repertorio, il regista ci racconta un’esperienza irripetibile, d’avanguardia, dove si illustravano fumetti, si confezionavano riviste, si fondavano i gruppi musicali Gaznevada e The Stupid Set. Il ritratto che ne scaturisce è quello di un collettivo in cui cazzeggio e progetti artistici s’intersecano continuamente.

Oggi, colpisce soprattutto la vitalità e la libertà creativa di un gruppo di ragazzi “scocomerati” che, pur senza obiettivi precisi, semplicemente “aspettando qualcosa”, riuscirono a rappresentare (in)consapevolmente lo spirito del tempo.

La Traumfabrik segnò anche il passaggio da un impegno più politico-ideologico tipico del decennio iniziato con il ’68, a uno maggiormente concentrato su arte, musica punk, fascinazione per i video e le innovazioni tecnologiche in arrivo da Oltreoceano, senza dimenticare la cornice oscura della droga, una presenza ricorrente nei ricordi di tutti i protagonisti.

La Traumfabrik si stacca dalla Bologna rossa, la città simbolo del Partico Comunista Italiano, per accogliere le influenze culturali americane, sempre con spirito protestatario e antagonista, punk, appunto, ma in opposizione alla visione del colosso statunitense come esclusivo simbolo del capitalismo.

Due mondi agli antipodi che s’incontrano originando una commistione surreale: come quella di immaginare il duo simbolo degli eroi del fumetto a stelle e strisce, Batman & Robin, nella cornice della Bologna di fine anni ’70.

È il cortocircuito da cui prende vita The Batman – Vita in un paese socialista, una sorta di spin-off di Traumfabrik, che racconta di una sceneggiatura (scritta da Giampiero Huber su soggetto elaborato da lui stesso, Emanuele Angiuli, Sandro Ruffini e Giorgio Lavagna) partorita in via Clavature 20 e permeata di psichedelia e umorismo demenziale.

In una Bologna invernale, grigia e sovietica, si muove un Batman tossicomane e in bolletta, con Robin come spalla inconcludente, e in mezzo un caso da risolvere dai contorni misteriosi tanto quanto gli altri personaggi a turno in scena.

Gli sceneggiatori intervistati nel documentario raccontano divertiti di un Batman in crisi d’identità che ribalta il refrain made in Usa di supereroe con superproblemi, per un più prosaico, per dirla con Giorgio Lavagna, “eroe con le pezze al culo, i cui problemi sono piccoli, ma molti”.

Huber e compagni parlano con affetto di questo progetto sviluppato per giustapposizioni di scene senza un preciso arco narrativo, figlio più di chiacchierate tra amici che non di un lavoro metodico e razionale.

Un progetto che potrebbe però avere un futuro, anzi un “futuro vintage” come viene definito, perché Huber ha messo in piedi un team di giovani autori per dare nuova vita alla sceneggiatura originale.

I due documentari di Angiuli restituiscono al pubblico il sapore dell’esperienza della Traumfabrik, che, pur circoscritta nello spazio e nel tempo, segnò indelebilmente un periodo storico di Bologna. Un’esperienza che si concluse con il fallimento, seguendo il fascino maledetto dell’underground, ma che fu in grado di anticipare il futuro perché, come ricorda Franco Berardi, fu una premonizione della psicopatia dell’oggi”.

Condividi questo articolo