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Untitled n.4, i tre moschettieri dell’arte contemporanea sui social

20-12-2022

Di Noemi Adabbo

Untitled n.4 è Silvia, Linda e Matteo: tre fiorentini di adozione fortemente bolognese che ogni settimana si danno appuntamento per spiegare a tu per tu l’arte contemporanea.

L’approccio è smart, è diretto, semplice, la forma è quella che si usa nel fare due chiacchiere con un amico, due balotte come diremmo noialtri. Ora lo sanno anche Silvia Giannotti, Linda Sironi e Matteo Bianchini, che hanno fatto di Bologna la propria casa, senza la quale Untitled n.4 oggi probabilmente non esisterebbe, uno strumento in meno col quale scoprire l’arte contemporanea, spesso incompresa.

Mezzo di comunicazione, i social, per arrivare a quei regaz che non hanno voglia di  perdersi in toni altisonanti o sintassi complesse. Li abbiamo incontrati per sapere come scelgono settimanalmente i propri contenuti e cosa riservano ai propri followers.

Silvia Giannotti, Linda Sironi e Matteo Bianchini di Untitled n.4

Untitled n.4. Perché Untitled e perché avete scelto proprio il numero 4?

«Il nome Untitled trae ispirazione dalla tendenza degli artisti del ‘900 di non titolare le loro opere lasciando appunto la dicitura “Untitled”, un indefinito che abbiamo fatto nostro avendo come obiettivo quello di divulgare l’Arte Contemporanea. Il numero venne da sé, ci rappresentava perché al tempo della fondazione del progetto eravamo 4. Adesso siamo in tre e il nostro nome è cambiato con noi. Abbiamo deciso di rimanere solo Untitled».

 

Ma soprattutto chi è Untiled: raccontateci un po’ di voi.

«Gli Untitled sono quel calderone incredibile di ingredienti diversi che funzionano benissimo fra loro. L’unione fra una passione infinita per l’Arte, un’amicizia e la necessità incolmabile di trasmettere quello a cui abbiamo dedicato le nostre vite. Ci piace pensare di essere i Tre Moschettieri dell’Arte!».

 

Passiamo al pratico: il progetto nasce nell’agosto del 2020, esatto? Cosa vi ha portato all’idea di crearlo e da dove avete tratto spunto?

«Sono tre le anime che reggono Untitled sin dal principio e un po’ come i tre moschettieri, ognuno ha la sua passione e personalità. Silvia è la nostra esperta di arte russa, di performance art e di storia contemporanea, se cercate qualcuno con cui parlare di guerra fredda e URSS, lei è la persona giusta! Matteo è li gentleman del gruppo, di una gentilezza e disponibilità rara, innamorato della sua Firenze e dell’arte contemporanea locale (ma non solo). Linda, invece, da libero Sagittario qual è, ha un’anima internazionale che l’ha portata alla passione per la Cina e il mondo del mercato dell’arte».

Linda Sironi

Tutto si incentra sull’arte contemporanea, il vostro cavallo di battaglia, di cui parlate con sincera semplicità: ogni settimana vi dedicate a un artista o a una mostra nel particolare e, nel farlo, utilizzate un approccio diretto, colloquiale, un linguaggio a tu per tu con lo spettatore. Spiegateci come mai questa scelta stilistica. Pensate sia più facile per chi vi ascolta e guarda comprendere l’arte contemporanea?

«La nostra pagina ci rappresenta completamente: spieghiamo le opere e gli artisti come li spiegheremmo a un nostro caro amico, con parole semplici ma mai banali. Il nostro valore non sta nel banalizzare l’Arte contemporanea, bensì nel fornire gli strumenti base per poi essere liberi di scoprirla da soli. L’unica cosa che “chiediamo” ai nostri follower è quella di avere una mentalità aperta e pronta a ricevere nuove idee, proprio perché l’arte contemporanea non spiattella tutto in faccia all’osservatore come fa l’arte moderna. Ha bisogno di tempo, di conoscenza e di pazienza».

 

A tal proposito, l’arte contemporanea è o no spesso incompresa? Portateci la vostra esperienza e, perché no, i vostri studi. C’è qualche artista nel particolare, a vostro parere, che subisce di più questa tendenza?

«L’arte contemporanea è ancora molto spesso incompresa, motivo che ci ha spinto a buttarci in questo progetto, ma questo non è necessariamente un limite. Alcune volte è complesso entrare dentro le opere anche per noi “esperti” in materia, ci sono poi artisti che maggiormente hanno subito la famosa frase “lo potevo fare anch’io” in primis Fontana ma anche i maggiori rappresentanti dell’Arte Concettuale, basti pensare alle famose serie di “uno e tre oggetti” di Kosuth. Capita molto spesso di sentir dire che un determinato oggetto non può essere un’opera d’arte ma ci sono artisti, come Duchamp, che hanno ampiamente dimostrato il contrario».

 

Sull’onda lunga di discorsi accademici e simili vi chiedo, ma, l’arte contemporanea, per che cosa si caratterizza e se vi chiedessero di quale artista o mostra o sua inclinazione e sfaccettatura avete amato particolarmente parlare, che avete esposto con maggiore soddisfazione e voglia di condivisione?

«Rispondere a questa domanda non è affatto facile. Riuscire a caratterizzare una modalità espressiva legata ai nostri giorni, quindi sempre costantemente in evoluzione, potrebbe essere in primis sbagliato e in secondo luogo non esauriente. Sicuramente possiamo affermare che rispetto all’arte del passato, e con questo si intende la moderna e l’antica, è una modalità linguistica che ha bisogno di essere compresa prima che guardata. Spesso e volentieri si tende a evitarla perché di difficile comprensione, ha quindi bisogno di un approccio più profondo, non soltanto meramente conoscitivo, ma piuttosto voglioso di scavarne l’essenza. L’estetica passa in secondo piano. Questo non vuol dire che è annullata completamente, ma che c’è bisogno di mediare tra un qualcosa che poeticamente funziona e la sua visione esteriore. Che è poi la differenza tra i grandi artisti e gli altri».

Silvia Giannotti

In tutto questo, qual è e com’è la risposta del vostro pubblico? Che impatto e ruolo hanno i social in questo?

«Untitled è un progetto che si rivolge a un pubblico vasto, che va dagli appassionati agli esperti del settore e questo porta consecutivamente a una risposta variegata. A questo fattore si aggiunge il fatto che i social e il linguaggio comunicativo cambiano giorno dopo giorno, per questo motivo alle volte può essere complesso ottenere la piena attenzione del pubblico social. Nel bene e nel male, i social sono per noi un ottimo strumento per raggiungere centinaia di persone ogni giorno e per noi questo ha un grande valore! Senza i social non saremmo dove siamo oggi».

 

Sappiamo che siete stati coinvolti da diversi progetti museali, ne avete altri in vista del futuro?

«Abbiamo avuto la fortuna di collaborare con alcune istituzioni museali e non, andare in radio e tanto altro. E di questo siamo assolutamente grati. Al momento stiamo lavorando su molti progetti cercando contemporaneamente di mettere radici lavorative solide che permetteranno alla pagina di rinnovarsi ed evolversi di conseguenza».

 

Tornando per un attimo alle basi, voi siete appunto fiorentini ma com’è stata l’adozione bolognese e che ruolo ha avuto nella nascita e nello sviluppo di Untitledn.4? Pensate il capoluogo emiliano abbia sfoderato il suo potenziale in questo senso?

«Siamo tutti toscani, sì, ma dobbiamo tutto all’esperienza bolognese, senza di essa Untitled non sarebbe nato. Crediamo che sia stato un percorso del tutto naturale, dopo essere usciti dalla triennale la voglia di fare è tantissima e le possibilità, molto spesso, è necessario crearsele da soli. Ritrovarci fra le aule dell’Università a Bologna ci ha permesso di comprendere ed esprimere tutto il nostro potenziale, perciò sì, ringraziamo dal profondo questa città».

Matteo Bianchini

Non ve l’ho chiesto prima, ve lo domando ora: come scegliete l’artista e/o la mostra di ogni settimana? Da dove scaletta e verdetto?

«Tendenzialmente la scelta ricade su ciò che il panorama ha da offrirci. Matteo e Linda si concentrano di più sulla Toscana mentre Silvia su Bologna e le zone più a nord. Se il luogo o la mostra ci interessano andiamo a vederle e da lì cerchiamo di restituire alla nostra community un racconto che sia, sì di ciò che potranno vedere in mostra – ad esempio – ma riportargli anche, e soprattutto, un’opinione sincera, elemento fondamentale per stabilire un rapporto di fiducia con le persone che decidono di spendere una parte del loro tempo nel seguirci. È il minimo che possiamo dargli in cambio».

 

Vi riporto una scena di un film che ho amato particolarmente, la performance dell’artista Talia Concept all’Acquedotto Claudio di Roma, interpretata da Anita Kravos, a cui segue l’intervista, critica, di Jep Gambardella, un grande Toni Servillo ne La Grande Bellezza. Talia parla di vibrazioni, il radar tramite cui intercetta il mondo, spiegazione insoddisfacente e povera di significato per “lo zoccolo duro di pubblico colto” per cui Jep scrive. L’artista non sa rispondere, non sa cosa sia una vibrazione. Lo chiedo ad ognuno di voi tre, che cos’è, per voi, una vibrazione?

Silvia: «Una vibrazione per me è il brivido emozionale che sento difronte alla grandezza della creazione».

Linda: « Per me la vibrazione è quel richiamo che l’uomo ha insito dentro di sé da sempre. Dove la parola non arriva, la vibrazione riesce a spingerci verso una comunicazione verbale e grafica. Fondamentalmente, per me è quel richiamo all’atto grafico, pittorico e performativo».

Matteo: «Per me una è un’emozione intrinseca, una sorta di richiamo primordiale. Un qualcosa che si ricollega all’essenza. Questa vibrazione, almeno nel mio caso, si fa materiale tramite il contatto con l’arte. Un rapporto dicotomico che da nascosto, attraverso stimoli esterni per lo più visivi, si materializza».

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