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“Bologna Brigante”. La città pulp raccontata in una serie

29-12-2021

Di Paolo Panzacchi

«È la Bologna sui colli, sotto i portici, nelle aule studio. È la Bologna ai campetti di basket, nei club, nelle osterie…».

Quando ho iniziato a leggere il dossier con il quale Giuseppe Martone mi ha presentato Bologna Brigante ho sorriso e mi si è stretto il cuore. Bologna per me è come una madre, è qualcosa che va al di là di una semplice città. Sapere che altri, come me, la vivono allo stesso modo è quanto di più bello io possa provare in relazione alla città che mi ha visto crescere e con la quale ho un legame che va ben al di là dei ricordi accumulati nei ventotto anni nei quali ci ho vissuto.

Martone con Bologna Brigante realizza un vero e proprio omaggio alla città di Bologna e alle figure che la abitano e che ne sanno raccontare, anche a chi solo ci trascorre un periodo, tutta l’immensità di quanto sia accaduto sotto i suoi portici e non solo. Sono profondamente curioso del lavoro che Martone ha svolto con gli altri ragazzi della Tiro production, ovvero Niccolò Cinti e Michele Maccaferri, in arte Malecherifarei, quest’ultimo cantautore bolognese che realizzerà le musiche della serie.

Bologna, per chi ci nasce, per chi ci vive, per chi ci arriva, ci passa anche solo per un’ora sa essere tante cose. Spesso non è mai ciò che ricordavamo fosse, può cambiare a ogni angolo di strada, a volte capita che aprendo un portone di un palazzo del centro storico si spalanchi la porta su un mondo segreto.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, basta vedere il primo teaser trailer.

 

Con Bologna Brigante quale città hai voluto raccontare?

«È bello che tu mi abbia chiesto “quale” Bologna io voglia raccontare perché sicuramente non ci può essere un universale di Bologna (come di nessun’altra città), ognuno la vive a modo suo. Voglio sicuramente raccontare una Bologna vista dagli occhi di chi ci è arrivato, per un motivo o per un altro, e non se n’è più voluto andare. Vivere una città da “arrivato” è molto diverso che viverla da esserci nato.

Ho avuto la fortuna di vivere tante “Bologne” diverse: la Bologna universitaria di chi studia e va a lezione tutti i giorni e quella universitaria di chi non studia e cazzeggia in giro per strada giornate intere, la Bologna notturna nelle piazze, sotto i portici con una birra da 90 centesimi e una chitarra e la Bologna notturna nei club in consolle con tavolo bottiglie e sciabola che ci entri dopo cena ed esci a ora di pranzo del giorno dopo. La scena di quando ti laurei, cerchi il lavoro per cui hai studiato e ti arrangi facendo quello che capita. La Bologna insieme ai fuori sede e la Bologna insieme ai bolognesi. La Bologna che tutto all’improvviso può cambiare, nel bene o nel male ma in ogni caso è a Bologna che vuoi restare. Spero di aver trovato con la mia sceneggiatura la sintesi giusta di tutto questo. Sarebbe fantastico».

Bologna Brigante backstage | Foto di Francesca Gamberini

La storia è quella di Pietro Marino, che tu definisci un outsider, ed è legata al fenomeno del Brigantaggio dei primi anni del ’900, specificamente a un fatto accaduto in Calabria. Come mai hai voluto raccontare proprio questa storia? Come hai svolto l’attività di ricerca?

«Sì outsider, ma non nel senso di fuori sede, piuttosto nel senso che con Bologna non c’entra un cazzo. Ho voluto dare a questa storia, ma più precisamente a queste storie che si intrecceranno, una sfumatura pulp, “tarantiniana”, passami il termine, e ho cercato una storia veramente accaduta ma lontano da Bologna, e quindi in Calabria, che potesse in qualche modo riuscire a evidenziare gli aspetti positivi di questa meravigliosa città. Il personaggio a cui mi sono ispirato è molto noto e non è stato difficile trovare articoli e libri che parlassero di lui».

 

Le atmosfere di Bologna Brigante sono legate a una trama noir, un genere che ben si sposa con Bologna. È stato facile calare questa atmosfera sulla città?

«Di solito le storie con un carattere noir funzionano molto meglio quando sono ambientate in dimensioni ben definite, circoscritte. Bologna e il palazzo in centro che ho scelto per girare è perfetto per la sfumatura noir, grottesca e ironica di Bologna Brigante».

Bologna Brigante backstage | Foto di Francesca Gamberini

Un aspetto importante è quello della fotografia, che studio c’è alla base? Cosa ti ha ispirato?

«Lo studio migliore di tutti: viverci. Quando riesci a sentire oltre che a vedere un luogo, puoi raccontarlo sicuramente meglio, puoi dare di esso un immagine più intima, profonda ed è in questo modo che riesci a farla vedere anche a tutti gli altri, soprattutto quelli che non l’hanno mai ne vista ne sentita».

 

La scelta del cast come è avvenuta? Hai deciso di ritagliare i personaggi su attrici e attori che già avevi in mente, o sono stati i personaggi a “cercare” la loro o il loro corrispondente?

«Ho scritto fondamentalmente quasi tutta la sceneggiatura tutta di un fiato, e i personaggi principali li stiamo ancora cercando, colgo infatti l’occasione per ricordare che siamo in fase di casting. Negli ultimi mesi però il progetto è cominciato a diventare popolare e ho ricevuto diverse offerte di partecipazione da diversi big della scena cinematografica ma ho voluto mantenere il volto dei personaggi principali prevalentemente anonimo. Sebbene, non sia riuscito a resistere all’interessamento da parte di due personaggi anch’essi “big” che sono però due simboli di Bologna, ai quali con molto molto piacere ho ritagliato una parte importante fatta apposta per loro: l’attore porno e scrittore Franco Trentalance e il rapper Inoki».

Bologna Brigante backstage | Foto di Francesca Gamberini

Hai voglia di raccontarci il tuo rapporto con Bologna? Cosa ti ha dato questa città, cosa ancora le vorresti chiedere?

«Bologna è sicuramente la casa che mi sono scelto. Sono venuto qui da una cittadina in provincia di Napoli quasi 17 anni e a parte tre anni in cui ho vissuto all’estero tra Londra, Santo Domingo e Malta, città che mi hanno dato tanto e dove sono stato benissimo, ho sempre sentito il richiamo dei portici e ho sempre saputo in cuor mio di voler vivere qui».

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