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Bologna ospita il suo primo TEDx al femminile: dieci storie che accorciano il divario di genere

07-05-2025

Di Laura Bessega

Secondo il World Economic Forum, ci vorranno ancora 131 anni per colmare il divario globale di genere. Ma ogni volta che una donna prende la parola, quel tempo si accorcia.

È con questo spirito che nasce TEDxWomen Piazza Santo Stefano, il primo evento TEDx bolognese interamente dedicato all’universo femminile. Sabato 17 maggio 2025, sul palco del Teatro Testoni saliranno dieci speaker che condivideranno idee, storie e visioni per una società più equa, libera e inclusiva.          I loro nomi non sono celebri, ma le loro storie meritano di esserlo. Si chiamano: Ariannna Vignetti, Charity Dago, Enrichetta Alimena, Elena Fabbri, Francesca D’Alonzo, Natasha Linhart, Nicole Giacobazzi aka Nicaragua, Roberta Bortolucci, Viola Perozzi, Letizia Albertini, Vera Tucci.   Le donne cambiano le società in modo silenzioso ma radicale. Trasformano le crisi in rinascite, e lo fanno spesso senza occupare la scena, ma cambiando le regole da dentro. La loro voce, quando trova spazio, non è mai soltanto racconto: è esperienza, intuizione, riscrittura del possibile. Ma dietro le loro voci e l’intero progetto c’è un team di altre donne, 21 volontarie appassionate che da mesi lavorano con l’obiettivo di costruire uno spazio reale in cui il pensiero femminile lasci il segno. Abbiamo chiesto ad alcune di loro di raccontarci come ha preso forma questo TEDx.

Come nasce l’idea di portare per la prima volta TEDxWomen a Bologna e cosa rappresenta per voi questo debutto?

Tutto è nato dalla mia ricerca per la tesi di Master, incentrata sulle politiche di genere in Italia e in Danimarca. Più andavo a fondo, più mi rendevo conto di quanto fosse un tema urgente e stimolante. Sentivo il bisogno di continuare a parlarne, da prospettive diverse, e soprattutto di ascoltare voci nuove. Una sera, quasi per caso, sono finita sul sito di TEDx e ho scoperto che era possibile fare domanda per ottenere una licenza. Quando ho visto che a Bologna non esisteva ancora un TEDxWomen, sono rimasta sorpresa: una città così ricca di fermento culturale e sociale, ma ancora senza uno spazio dedicato a questo dialogo. Oggi più che mai, abbiamo l’opportunità – e la responsabilità – di raccontare, condividere e ispirare. Ogni nostra scelta, ogni nostra parola contribuisce a costruire il mondo in cui vogliamo vivere. Portare TEDxWomen a Bologna per la prima volta è un segnale forte: è un invito ad esserci, a crederci, e a far sentire la nostra voce.

Julia Sushkova

La scelta simbolica di Piazza Santo Stefano richiama due figure importanti come Laura Bassi e Bettisia Gozzardini. Che legame c’è tra queste due protagoniste della storia bolognese e Piazza Santo Stefano e perché è importante ricordarle oggi nel racconto di una città che vuole valorizzare le voci femminili?

La scelta di richiamare Santo Stefano nel nome del nostro TEDx Women non è casuale. Quest’area si trova nel cuore del quartiere universitario storico, a pochi passi dall’Archiginnasio e dalle sedi storiche dell’Università di Bologna, la più antica d’Europa. Proprio in questi luoghi Laura Bassi, nel XVIII secolo, divenne la prima donna al mondo a ottenere una cattedra universitaria in fisica, mentre Bettisia Gozzardini, già nel XIII secolo, fu la prima donna laureata in giurisprudenza. Ricordare queste figure oggi è fondamentale perché Bologna ha una tradizione unica di protagonismo femminile nell’educazione e nella scienza, spesso dimenticata nei racconti storici tradizionali. Queste donne rappresentano l’anima pionieristica di una città che ha saputo, in epoche diverse, dare spazio alle voci femminili nell’accademia quando altrove era impensabile. La loro eredità ci ricorda che Bologna può e deve continuare a essere all’avanguardia nell’inclusione e nella valorizzazione dei talenti femminili in ogni campo del sapere. Con TEDx Santo Stefano Women vogliamo riportare le voci femminili al centro della narrazione culturale cittadina, esattamente dove Bassi e Gozzardini hanno tracciato il cammino secoli fa. Il loro coraggio e la loro determinazione continuano a ispirarci mentre lavoriamo per una società più equa e inclusiva. Il nome che ci identifica non è quindi solo un riferimento geografico, ma un simbolo potente di come Bologna abbia già dimostrato, in passato, che il progresso passa attraverso il riconoscimento del valore intellettuale delle donne. 

Martina Danza

Avete lavorato come team interamente femminile per diversi mesi: quali sono state le sfide più grandi e quale la scoperta più bella?
Lavorare come team interamente femminile per TEDx Santo Stefano Women è stata un’esperienza incredibilmente arricchente, sebbene non priva di sfide.La sfida più grande è stata probabilmente bilanciare i nostri impegni professionali e personali con l’organizzazione dell’evento. Tutte noi abbiamo carriere esigenti, alcune hanno famiglie, e trovare il tempo per riunirsi, pianificare e realizzare un evento di questa portata ha richiesto una notevole capacità organizzativa. Non è stato affatto semplice iniziare a lavorare con persone nuove che non si conoscevano prima, ognuna con la propria professionalità, il proprio carattere e approccio al lavoro. Ma la scoperta più bella è stata senza dubbio la rete di solidarietà e supporto reciproco che si è È stato sorprendente vedere come, mese dopo mese, le nostre diverse prospettive abbiano arricchito il progetto, portandolo in direzioni che individualmente non avremmo immaginato. Abbiamo scoperto la forza che deriva dalla diversità di esperienze, età e competenze quando è unita da un obiettivo comune.E forse la scoperta più preziosa è stata realizzare quanto sia importante creare spazi dove le voci femminili possano esprimersi liberamente.
Silvia Gianni

Il titolo dell’evento è “Una voce, infinite forme di…”: cosa significa per voi questa frase, e come l’avete tradotta nella scelta delle tematiche?

“Una voce, infinite forme di…” per noi significa riconoscere il potere trasformativo della voce individuale – che sia una voce fisica, un pensiero, una scelta o un’azione – e la sua capacità di prendere forma in modi diversi, sorprendenti, spesso inaspettati.
In questa prima edizione di TEDx Piazza Santo Stefano Women, abbiamo voluto esplorare come un’idea, quando trova il coraggio di esprimersi, possa generare cambiamento, ispirazione o persino una nuova realtà.

Abbiamo scelto tematiche che raccontano la pluralità delle espressioni: voci che prendono forma nel design, nella scienza, nella cultura, nell’impresa, nella solidarietà. Voci che diventano gesto, immagine, intuizione, tecnologia, relazione. Ogni intervento è una “forma” diversa di quella voce che ciascun speaker porta con sé, e che abbiamo voluto valorizzare come parte di un coro collettivo.

Valentina Casadio Montanari 

Come avete selezionato le speaker? Avete seguito dei criteri specifici per garantire una pluralità di rappresentazione?
La nostra scelta è stata guidata da una profonda curiosità e da un’apertura mentale a 360 gradi. Cercavamo donne con percorsi professionali, background culturali, stili di vita, età e interessi diversi. L’obiettivo era rappresentare la ricchezza e la complessità delle esperienze femminili, offrendo al pubblico prospettive inaspettate e stimolanti.

Non volevamo limitarci a seguire schemi predefiniti invitando solo persone già famose: desideravamo invece dare spazio anche a donne meno conosciute, ma con storie capaci di ispirare davvero.

Il contributo del nostro team è stato fondamentale: hanno suggerito nomi, condiviso contatti e partecipato attivamente alla preselezione. Questo processo collaborativo ha rafforzato il nostro spirito di squadra. È stata una prima volta per tutti e questo ci ha uniti ancora di più, rendendo l’esperienza davvero speciale.

Olga Snitkova e Viktoria Shashkova

TED nasce con una mission chiara: ideas worth spreading. Potete raccontarci quali sono alcune delle idee forti che verranno portate sul palco dalle speaker di questa prima edizione tutta al femminile, senza ovviamente spoilerare troppo?

Molti dei talk in programma per questa prima edizione di TEDx interamente al femminile condividono un obiettivo comune: incoraggiare le donne a inseguire i propri sogni, anche quando questi richiedono di uscire dai percorsi convenzionali. Ce lo dimostra ad esempio Vera Tucci con la sua carriera nella cybersecurity. Il messaggio chiave di Francesca D’Alonzo, motociclista, è quello di “attraversare la paura” e trasformarla in una forza propulsiva, capace di guidarci verso scelte fuori dagli schemi, ma più autentiche e appaganti. Il talk di Roberta Bortolucci è un invito alle donne a lasciare andare il desiderio di essere “perfette” e “impeccabili” e di credere di più nel proprio valore, rendendosi visibili. 

Alcuni interventi portano sul palco storie di dolore e rinascita, capaci di accendere consapevolezza ed empatia. Natasha Linhart condivide la sua esperienza personale, mentre Elena Fabbri — psicoterapeuta — dà voce a realtà spesso taciute, come le malattie “invisibili” della vulvodinia e dell’endometriosi.

Enrichetta Alimena ci invita a guardare le donne — e, più in generale, gli esseri umani — oltre la disabilità, promuovendo una visione più inclusiva e profonda della diversità. Arianna Vignetti invece ispira una call to action alla società nel suo complesso, ovvero l’esigenza di integrare maggiormente lo sguardo femminile nella progettazione urbana e dei servizi, dai trasporti agli spazi pubblici per poter vivere in città più sicure e inclusive.

Charity Dago ci porta nel mondo della rappresentazione femminile, sottolineando quanto sia fondamentale liberare le narrazioni dai pregiudizi per promuovere una rappresentazione più autentica, soprattutto delle donne afrodiscendenti. A seguire, Nicole Giacobazzi, conosciuta come Nicaragua, affronta il tema dell’immagine, ricordandoci che prendersi cura di sé dovrebbe essere una scelta consapevole, non un’imposizione sociale. Infine, il duo “Fuorisedia” ci accompagna in un viaggio nei musei, per analizzare criticamente il ruolo e la rappresentazione della donna nella storia dell’arte.

I talk di questa prima edizione al femminile non si limitano a raccontare storie: ispirano all’azione, al cambiamento, al coraggio di essere protagoniste della propria vita. Parlano alla collettività, sollecitano empatia e spingono ciascuno di noi a tendere una mano. Il filo rosso che li unisce è chiaro e potente: il rispetto profondo per le persone, per i loro percorsi e per la libertà di scegliere chi essere.

Carlotta Bradamanti

Oggi sembra che la comunicazione non si limiti più a raccontare la realtà, ma la costruisca. In che modo questo principio influenza la rappresentazione delle donne nei media?
Credo che la comunicazione oggi non si limiti più a fotografare la realtà ma la plasmi: le parole, le immagini e le narrazioni che circolano nei media non solo descrivono il mondo, ma contribuiscono a definirlo, influenzando ciò che riteniamo normale, desiderabile o possibile. Questo ha un impatto enorme sulla rappresentazione delle donne. Per troppo tempo infatti i media hanno proposto modelli femminili stereotipati: la donna accudente, decorativa, in carriera ma non troppo…. 

Quando questi sono gli unici ruoli mostrati, diventano confini invisibili che limitano l’immaginario collettivo e le ambizioni individuali:  ma proprio perché la comunicazione costruisce la realtà, può anche cambiarla:  abbiamo il dovere di costruire una realtà in cui ogni donna possa riconoscersi e sentirsi libera di essere.

La comunicazione allora può rafforzare gli stereotipi o può scardinarli, può ridurre le donne a ruoli marginali o restituire loro centralità: iniziative come TEDxWomen dimostrano quanto sia potente raccontare voci femminili autentiche, complesse, fuori o dentro gli schemi. Perché ogni storia raccontata è un seme piantato in chi ascolta, e costruire realtà più giuste parte proprio da chi decide che quella storia vale la pena di essere raccontata, e ascoltata

Donatella Dovesi

In questo contesto dove la comunicazione plasma la percezione collettiva, qual è la responsabilità di chi fa informazione o divulgazione nel generare immaginari più equi e inclusivi?
La responsabilità è sempre molto alta anche perché, come abbiamo visto recentemente con l’abolizione in alcune grandi corporate dei programmi D&I e con la politica di Trump, ogni conquista è fragile. Le parole, le immagini formano i nostri mondi. Quello che non viene rappresentato non esiste.
Sta a chi comunica scegliere narrazioni “inclusive”( io preferisco il termine “aperte alle molteplicità”)  per contribuire a sostenere questo cambiamento. Crediamo che un evento aperto, che ambisce a far sì che tutte le donne si sentano rappresentate e ascoltate, sia il terreno fertile per innovazione e creatività di cui abbiamo fortemente bisogno. Per questo la comunicazione deve superare stereotipi e diventare motore di visioni più aperte.  Alla fine il TedX nasce proprio per quello:  diffondere idee di valore, ispirare il cambiamento e stimolare il dialogo. Se non qui, dove?
Francesca Bartoli

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