Design & Moda

I cappelli fatati dall’anima punk di Yesey Hats. Un pomeriggio nella bottega di Dana

01-02-2021

Di Sara Santori
Foto di Giulia Fini

Non avevo mai visto prima una forma in legno per cappelli.

Poi ho suonato il campanello di via Zanolini 7 e sono entrata nel mondo di Dana.

Centinaia di forme sugli scaffali, lo sguardo si perde tra le curve e la delicatezza del legno e delle creazioni di Dana, che indossa un cappello decorato da una piuma di emu, ha lunghi capelli biondi e una giacca in raso con decori ricamati.

Una collezione come questa non esiste, parte dal 1917 e abbraccia tutto il ‘900. Il sogno più incredibile che una modista può avere è di essere circondata da 2000 forme in legno”.

Dana Virginia Jauker, nata in Brasile da papà cecoslovacco e mamma bolognese, fin da piccolissima vive a Bologna. Intraprende Lettere Moderne su desiderio della mamma, “ma non coincideva con quello che avevo dentro da esprimere”.

I primi anni 80 sono, per lei e il suo ex compagno, quelli della creatività e delle sperimentazioni artistiche, dalla danza al teatro, dalla pittura ai graffiti.

Come inizia la tua storia con i cappelli?

Un amico stilista, per il quale avevamo realizzato un graffito al Centergross, ci regala dei materiali e dei tessuti invitandoci a utilizzarli. La mamma del mio ex compagno era sarta e ci insegna il taglio e cucito, noi sperimentiamo e realizziamo dei cappelli. Lo stilista ce ne ordina 100. Li facciamo e li consegnamo.

Lui fallisce. E ce li restituisce”.

Mi guardo intorno.

Non credo che la storia finisca qui.

“Dovevamo partire per Berlino, decidiamo di portare con noi i cappelli. Li vendiamo tutti. Torniamo e decidiamo di farne altri.

Credo sia stato il fato a portarmi ai cappelli. La storia è nata strada facendo, ma credo ci fosse un disegno dietro”.

Da allora Dana fa cappelli, da subito lavorando per la moda. Produce per Borsalino per 15 anni per la haute couture donna, esperienza grazie alla quale affina la sua tecnica. “Lavorare per Borsalino era impegno e responsabilità, era un nome che andava rispettato e desideravo esserne all’altezza”.

Grazie a Borsalino collabora con tanti stilisti: Yohji Yamamoto, Fendi, Romeo Gigli… “il mio nome non veniva fuori, ma io ero contentissima”.

Alla fine degli anni 2000 si separa dal compagno, decide di smettere di lavorare con Borsalino ma non smette mai di fare cappelli.

Nel 2009 nasce Yesey, il suo progetto. “Il nome l’ho sognato, volevo un nome palindromo perchè sapevo che avrebbe dovuto essere fortunato e positivo. E Yesey è yes-yes”.

La libellula del logo riconduce alla sua affezione al regno animale e vegetale, alla natura e alle cose un po’ fatate “che tornano anche nelle creazioni, insieme a un’anima punk decadente, che mi appartiene molto”.

Come nasce una tua creazione?

Nasce spesso da una contaminazione, l’idea di base può arrivare dall’esterno, dalla musica, dai film, penso a Titanic, ai film di Capra degli anni 40, dove tutti indossavano un cappello. Poi le idee vengono condotte dall’incontro con la materia, che è sempre un’avventura. A volte ho in mente una cosa precisa, ma poi preferisco sempre lasciarmi portare.

Parto quasi sempre dalle forme in legno, è un’arte straordinaria, hanno una qualità e un’anima diverse”.

Da dove arrivano le forme in legno che hai raccolto?

“La produzione delle forme in legno è un’arte raffinatissima, di alto artigianato e tradizione.

Avevo contatti con Luciano Bini della bottega storica di Piazza Santo Spirito a Firenze. Suo fratello Roberto stava insegnando il mestiere a una persona ma morì prematuramente. E Luciano Bini decise di regalare a me le sue forme.

Fu sempre lui a suggerirmi di recarmi dai Passerini a Milano, altra bottega storica: un giorno mi chiama e mi dice che devo assolutamente andare. Io ero in fiera e rispondo che lo avrei fatto appena possibile. Dopo un mese mi richiama e mi chiede se sono andata. Mi decido, e un giorno che ero a Milano per lavoro vado anche da loro.

Avevo con me le mie cappelliere per la mia cliente e vollero vedere i miei cappelli. Dissero: ‘Bene, sei tu’. Ho avuto l’opportunità di fare questa follia e sono tornata con un container pieno di migliaia di forme in legno, feltri e materiali. Alcune forme riportano nomi di personaggi famosi, ma non so quale sia la loro storia e da dove provengano.

Gli incontri con Bini e Passerini sono stati molto importanti per me, erano mitologici, sono stati tra i tasselli che mi hanno portato ad avere l’opportunità di portare avanti questa attività e trasferirla ad altri”.

Dana produce nel suo laboratorio dal 1992, “è un posto che amo molto”. Ci invita a farle visita per vederla al lavoro. Durante il nostro primo incontro aveva definito la relazione con il materiale “intensa e molto fisica, perchè devi trasformare la materia col tuo sudore”. Non immaginavo intendesse in senso letterale, invece è proprio così, “un corpo a corpo”.

I cappelli delle collezioni estive sono in paglia, quelli delle collezioni invernali in feltro.

Sono due tipi di formatura diverse, la paglia è più scultorea e delicata, bisogna capire la trama del materiale e seguirla.

Il feltro per cappelli è pregiato, morbido, si lavora d’estate col vapore e col calore, con fornello e forno accesi. Dopo la fase della formatura il cappello si asciuga, al sole o in forno, poi si smonta e si spazzola, si rifinisce la cucitura (unico strumento che Dana utilizza), l’interno e il bordo.

Alcuni cappelli sono talmente manuali che si sente, è proprio un’anima diversa.

Non lo definirei però artigianato artistico, se lo è lo deciderà qualcun altro, questo è alto artigianato. Amo la caratteristica della riproduzione, sono fatti a mano, non saranno mai identici, ma devono essere il più possibile simili. Questo permette di fare ricerca e imparare continuamente, per eseguire il lavoro al meglio e nel minor tempo possibile”.

Tra le sue creazioni cappelli da uomo e da donna, sperimentazioni e classici rivisitati con dettagli dall’anima punk. Quasi tutti nascondono un dettaglio che ne dichiara la produzione manuale, perchè impossibile da eseguire a macchina.

Dana vende il suo brand in diverse boutique in giro per il mondo e ha collaborazioni con altri brand. A Bologna collabora con Fiorentini + Baker per il quale produce alcuni pezzi specifici.

Ogni anno organizza alcuni eventi per i clienti privati, durante i quali apre le porte del suo laboratorio, presenta l’archivio e i modelli, che è possibile provare e realizzare su richiesta.

Quando qualcuno mi dice ‘non porto cappelli, non mi stanno bene’ è per me una bellissima sfida, e alla fine trovo sempre quello giusto.”

Il laboratorio di Dana è visitabile su appuntamento contattandola al 3494930981 o tramite il suo sito.

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