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Corpo, sesso e relazioni nei fumetti di Cristina Portolano

29-09-2021

Di Martina Fabiani

Cristina Portolano mi pare una che ci crede alle cose che dice e a quelle che fa. Sarà perché quelle cose te le dice senza girarci intorno, senza troppi fronzoli, ti fa pure gli esempi per fartele capire; non ha paura dell’autoironia, e di nessun altro secondo me.

Se quando leggete questo vi verrà voglia di conoscerla o farci una chiacchiera allora dovreste venire il 30 settembre a Porta Pratello perché sarà ospite del terzo evento della nostra rassegna About Stories, intervistata dai ragazzi di #narrandoBO.

Qui il link all’evento.

Per chi non la conosce Cristina Portolano è una fumettista e illustratrice nata, come dice lei, «sotto l’ombra del Vesuvio, ma che ha preferito l’ombra delle due torri». Come avrete capito vive e lavora a Bologna e ha pubblicato su Internazionale, Lo straniero, Hamelin e vinto diversi premi.

Poi basta perché il resto lo racconto sotto.

Ho incontrato Cristina Portolano durante il Fruit Exhibition in Montagnola e la nostra chiacchierata ce la siamo fatta dentro la Casa dei Colori – sede della casa editrice Canicola – in mezzo a pile di libri, colori e carta straccia che lei ha usato per farmi gli esempi di cui prima.

Ho iniziato l’intervista dicendole che avevo raggruppato le domande per parole chiave: identità, donna, città. Ricordi, libri, colori. Alla fine non c’è più stato nessun ordine, e non mi ricordo più se ho usato tutte le parole chiave. Però è bello così: non capirci più niente, perdersi nelle storie degli altri.

Cristina Portolano

Chi è Cristina Portolano e come è diventata quella che è oggi?

«Credo che nella vita quello che vuoi fare alla fine definisce sempre un po’ quello che sei, ma è importante non farsi condizionare solo da quello che fai perché se poi non ti piace più o ci sono degli ostacoli lungo il percorso, a sentirsi persi si fa subito. A 35 anni e dopo una pandemia mondiale ho capito che non dovevo far combaciare quello che sono con quello che faccio.

Ti chiederai come sono diventata quella che sono a prescindere da quello che faccio. Ho iniziato allontanandomi dalla mia città natale, Napoli, e scegliendo Bologna, non a caso».

 

Dicci di più su Bologna.

«Avevo 19 anni, un carattere determinato, sempre pronto a lasciarsi trasportare da istinto e piacere e leggevo tanti fumetti. Quando mi sono imbattuta in Mondo Naif e ho scoperto che alcuni degli autori che mi avevano formata emotivamente  – come Vanna Vinci o Davide Toffolo – vivevano lì e che, sempre lì, stava nascendo il primo corso di fumetto e illustrazione all’Accademia delle Belle Arti, la scelta è stata facile.

Propendevo per l’accademia perché mi avrebbe dato la possibilità di esplorare più tecniche. Credo che l’interdisciplinarità sia fondamentale per arrivare ad approfondire un linguaggio e capire cosa vuoi veramente dire nella tua vita. Io ho poi scelto il fumetto, ma essendo una persona multidisciplinare mi sono interessata sempre più alle possibilità offerte da internet.

In questo lockdown, ho spostato il mio lavoro online, fortificando una presenza che parte dal sito web e si dipana in una newsletter, in un canale YouTube, in una pagina Facebook e Instagram; fa tutto parte di un ecosistema che è Cristina Portolano, ma ogni sistema ha un suo linguaggio.

Nella newsletter mi cimento con la scrittura, su YouTube ci metto la faccia, mi preparo, assumo un tono, cerco di non affannarmi mentre parlo. Su Instagram posto dei fumetti che faccio in un giorno».

Perché è il linguaggio dell’immediatezza.

«Esatto, e mi piace esplorarlo. E poi c’è la pagina Facebook, dove rimpallo tutto quello che ti ho appena detto. Non dimentichiamoci che quando usiamo un sito terzo si corre sempre il rischio di perdere tutto da un momento all’altro. Deve esserci una matrice altra.

Ovviamente per capire bene tutto questo occorrono anni, ma io cerco anche di spiegarlo a chi inizia ad approcciarsi al mondo del fumetto e dell’illustrazione. Mi piace avere anche un approccio pedagogico».

 

Alla luce di tutto questo, cosa significa per te essere creativi oggi? Quanti di noi mettiamo online e quanto, invece, facciamo uso di filtri?

«Abbiamo il nostro modo di comunicare, che è solo nostro e si costruisce con l’età e con l’esperienza. La Cristina che vedi oggi non è diversa da quella che leggi nella newsportolina. Uso i social non come adesso vanno di moda e che mi farebbero guadagnare una fama facile. Cerco di avere un approccio pragmatico, funzionale, chiedendomi come posso essere utile e non come posso diventare famosa. Credo che tutto dipenda anche da quanto sei onesta intellettualmente con te stessa».

 

Cosa mi dici della Cristina donna?

«Negli ultimi anni, grazie alle mie letture e anche alla divulgazione delle influencer, ho acquisito sempre più una coscienza femminista. Avere una coscienza di questo tipo vuol dire che, quando vedi scene che ti provocano scoramento, non devi farti intralciare e pensare sempre che puoi autoaffermarti come donna a prescindere e nonostante il contesto».

Sei nata a Napoli, adesso vivi a Bologna.  Qual è la prima città che ti ha ispirata per le storie che volevi raccontare?

«Sicuramente Napoli. La prima ispirazione per una storia è arrivata da un racconto breve di Raymond Carver chiamato Vuoi star zitta per favore?. Un’altra ispirazione l’ho ricevuta da un periodo di difficoltà tra i miei genitori. Penso che l’educazione sentimentale alla comunicazione la facciamo con le storie e le mie prime storie erano ispirate a quello che vivevo a Napoli. Si inizia così, ma perché si vuole prima di tutto comunicare un sentimento, qualcosa che abbiamo dentro e vogliamo condividere».

 

Come hai sentito l’urgenza di raccontare le storie che hai poi raccontato?

«Io faccio libri anche per analizzarmi e capire cose che non mi sono chiare e voglio studiare. Se dovessi fare libri sulle cose che so già, mi annoierei. Ogni libro è preceduto da una fase di studio. Prima di scrivere i miei, mi nutro di altri libri».

Adesso, con Cristina, è arrivato quel momento in cui ci addentriamo un po’ nei suoi libri, nelle suggestioni che, con le sue tavole, voleva darci. Le ho chiesto di portarci un po’ dentro le sue opere più importanti.

Domani potrete toccarle con mano e acquistarle a Porta Pratello, perché tra i banchetti sarà presente anche un bookshop in collaborazione con la Libreria Trame.

 

Quasi signorina

«È un ringraziamento a una città, a un modo di crescere e di essere donna. Ho sentito l’urgenza di scrivere questa storia quando vivevo a Bologna ormai da un po’ e anche perché non mi ero mai cimentata in un’opera lunga tutta mia. Quasi signorina è una autobiografia, ma per scrivere questo genere di libri bisogna sempre allontanarsi un po’ da se stessi, ridere di sé stessi per far ridere pure il tuo pubblico. Molti scrittori mi hanno detto che, per loro, questa storia è quella di una educazione femminista e di come è cresciuta una bambina del sud».

 

Non so chi sei

«Mentre ero in tour con Quasi signorina usavo Tinder e vivevo alcune cose che mi facevano pensare. Ho iniziato a pubblicare delle storie su Patreon e quando quel pitch è stato visto dall’editor di Rizzoli Lizard, abbiamo iniziato a lavorarci insieme per dare vita a un altro romanzo».

 

Non so chi sei è corpo, nudità, scoperta, fisicità, autocritica. Tratti temi che, per fortuna, oggi sono sempre meno dei tabù perché in molte e molti hanno iniziato a parlarne a gran voce. Cosa volevi fare con questo tuo libro?

«Nel 2017 questi temi erano ancora tabù e io leggevo le storie di fumettisti maschi canadesi: Chester Brown, Robert Crumb, Joe Matt. Erano uomini letteralmente timorati dal corpo femminile, che raccontavano i loro disastri sentimentali e amorosi. Quando li leggevo ho pensato che mancasse una roba così, ma fatta da una donna in Italia.

Ho letto tante storie di uomini e mi sono sentita libera di fare e disegnare, come donna, ciò che volevo e di permettermi di dire che ero io a educare i miei partner.

Sappi che il mio intento non era fare polemica».

 

Non ci vedo una polemica, ma un pensiero del tipo: «Voglio fare quello che mi sento, dire ciò che ho vissuto, e perché no confermare a me stessa cosa mi è piaciuto o meno di quella esperienza».

«Esatto. Inoltre, leggo spesso di donne che insultano uomini incontrati attraverso una dating app. Non mi piace per nulla quell’atteggiamento di superiorità. Voglio che, leggendo il mio libro, una donna pensi di stare leggendo le esperienze di un’altra normalissima donna.

Se ci fai caso nel libro non c’è mai scritto “casi umani”. Spesso le donne usano queste parole per descrivere l’altro sesso, ma non ha senso perché tutti siamo casi umani».

 

Io sono Mare

«È un libro nato con Canicola e parte da un progetto che si chiama Dalla parte delle bambine.

Volevo fare fumetto in cui la protagonista fosse una persona intersex. La storia ha avuto bella gestazione e Canicola mi ha aiutato a trovare il giusto modo di raccontarla. Volevo trattare temi come affettività ed emotività, ma senza farli suonare come un manifesto perché quando ufficializzi qualcosa la banalizzi sempre un po’».

 

Post Pink

 

«Post Pink è la prima antologia di fumetti femminista. Ho raccontato una breve storia completamente inventata, ma ispirata dalle trascrizioni di manoscritti di una monaca benedettina (Ildegarda di Bingen) che soffriva di emicranie talmente forti da provocarle delle visioni. Molte congetture sul suo conto ritengono che nelle sue emicranie stesse descrivendo l’orgasmo femminile sotto forma di metafora di Gesù Cristo.

Dato che dovevo parlare dell’orgasmo, ho immaginato alcune scene di lei che si masturba.

Le parole “monaca” e “masturbazione” insieme provocano reazioni shock e sono proprio le mie preferite. Nei fumetti davvero ci si può divertire a disegnare qualsiasi cosa».

 

Ho notato che hai una palette “limitata”, con pochi colori. Come ti approcci al colore?

«Non so colorare quindi faccio mio il motto “less is more”. Meno colori ho e meglio è e da una bicromia o tricromia traggo sfumature e potenzialità, l’ho scelto come cifra stilistica e anche la mia comunicazione online si basa su pochi toni».

 

What’s next?

«Ti posso solo dire che pubblicherò il mio prossimo libro con Feltrinelli Comics e che lo farò insieme a Sofia Assirelli, una sceneggiatrice di serie tv italiane».

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