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Da Martin Eden a Dogman. L’intervista all’hair stylist del Pratello Daniela Tartari

27-07-2021

Di Noemi Adabbo

Parlare con Daniela Tartari è un po’ come sedersi a tu per tu con Bologna, scambiare due chiacchiere, farsi un giro nei suoi vicoli, caldi, e prendere un caffè al Pratello. È proprio lì che Daniela vive, da dieci anni, da quando è tornata a Bologna dopo cinque anni a Roma. Per apprezzarla di nuovo, ancora di più. Un’isola felice, come la chiama lei, la sua bolla, quella in cui entra dopo essere uscita da quella più grande e magica del cinema.

Sul set Daniela porta la sua arte di parrucchiera e acconciatrice, talento che le è stato nuovamente riconosciuto di recente con la nomina al premio del David di Donatello per la categoria Miglior Acconciature in Martin Eden di Pietro Marcello e l’assegnazione del Premio EFA – European Film Awards per la categoria Best Hair & Make-up Artist in Dogman nel 2018. Oltre a queste, ha partecipato a tantissime altre produzioni, tra cui Gomorra a Lazzaro felice, La pazza gioia.

L’abbiamo incontrata per conoscere meglio il suo personaggio, tanto eclettico quanto famigliare. Perché al Pratello tutti la conoscono. Fa parte anche lei di quella bolla che ama tanto.

Sul set di Martin Eden con il regista Pietro Marcello

Raccontami la tua storia: com’è nata la tua carriera e quando ti sei affacciata al mondo del cinema?

«Avevo 17 anni e lavoravo da Orea Malià, in Ugo Bassi. Un giorno entrò Enza Negroni mentre stava girando Jack Frusciante è uscito dal gruppo, film tratto dal mio libro preferito, l’omonimo romanzo di Enrico Brizzi. Ne parlammo insieme e l’aiutai a costruire l’immagine dei personaggi. Questa è stata la mia prima esperienza nel mondo del cinema. Mi piacque molto. Qualche anno più tardi, intorno al ’98, Pupi Avati venne a girare Il testimone dello sposo su a Sasso Marconi e fui mandata a lavorare sul set il cui capo truccatore era Alessandro Bertolazzi che nel 2017 ha vinto il Premio Oscar per il Miglior trucco e acconciatura in Suicide Squad. È la persona che mi ha fatto innamorare di questo lavoro. Dopo sono tornata a lavorare in negozio ma sentivo forte l’esigenza di provare di nuovo quella sensazione, quell’emozione e ho deciso di trasferirmi a Roma. Ci ho vissuto per cinque anni dove questo è diventato il mio mestiere».

Sul set de La Pazza Gioia

Come vivi il tuo mestiere, ancora prima di applicarlo al set di un film?

«Io faccio i capelli da sempre perché è l’unica cosa che so fare ed è il modo attraverso cui entro nel mondo. Perfino quando sono in vacanza faccio i capelli alle persone che conosco in quel momento. Farlo sul set è ciò che ha unito la mia passione per il cinema alla mia inclinazione naturale e farlo lì è stupendo perché quando non lo faccio ho la possibilità di assistere alla messa in scena della verità finta. Il tempo si ferma. È la magia del set che, rispetto al mio lavoro di parrucchiera, è quello di rendere vero, adesso, qualcosa che esiste solamente nella mente di chi l’ha creata. La vera sfida e il bello del nostro lavoro non è il dover fare bella la gente ma farla giusta, adeguata, a ciò che devi raccontare e devi stare attento a non sbagliare altrimenti stona con l’intero racconto. È questo che mi piace di più rispetto al negozio, il fatto che non si tratti soltanto di estetica. Il set è una bolla ed entrare e uscire dalle bolle a me piace tanto: esco dalla bolla del set ed entro nella bolla del Pratello. Uno scambio stupendo».

Su set de Le meraviglie con Alice Rohrwacher

Cosa hai imparato dal set? Non solo in termini di acconciature e trucco e di ciò che più è legato al tuo mestiere.

«È proprio quello il bello del set: al di fuori del tuo lavoro, devi stare attento a che tutto funzioni bene in scena e aspettare, aspettare che gli altri facciano il loro lavoro. E quando lavorano gli altri e sei cinefilo come me, è esaltante. Tu sei lì e vedi la creazione di quell’esperienza magica nella sua essenza».

Sul set de La mafia uccide solo d’estate

Cosa porti di tuo sul set e cosa ti lasciano questo e le persone che incontri?

«È una domanda molto semplice ma, in realtà, molto difficile. Ciò che ti lascia il set dipende molto dal film perché ogni film e ogni regista ti chiedono qualcosa di diverso e tu ti devi adeguare a ciò a cui stai lavorando, alla tipologia di racconto che si sta affrontando che ti permette di apportare anche la tua umanità. In negozio come sul set, quello che porti è la tua creatività e in entrambi gli ambienti devi essere capace di adattarti alla richiesta. Più il lavoro è faticoso, più è stimolante. Più è difficile, più è divertente».

Sul set della videoserie Capri Rendez-Vous di Liberato

Ultimo grande successo, la tua collaborazione a Martin Eden.

«Era la prima volta in cui lavoravo con Pietro Marcello e dovevo riuscire a lavorare su questo set perché anche questo è stato tratto da uno dei miei romanzi preferiti, l’omonimo di Jack London. L’organizzatore del film, al quale io avevo regalato Martin Eden qualche anno prima, disse a Pietro Marcello che la parrucchiera di questo film dovevo essere io perché ne amavo il libro. È stato bellissimo. Lavorare con Pietro è bellissimo perché ha idee molto chiare ma si affida anche e il processo creativo con lui è veramente libero. Con Martin Eden ci siamo svestiti di tutte le epoche perché lui voleva fare il suo Martin Eden quindi l’obiettivo è stato quello di riuscire a creare un’epoca “non – epoca”, mescolando tutto, dai primi del ‘900 agli anni 80, in un modo che non fosse sopra le righe ma affinché questa storia risultasse vera sempre perché, in realtà, è fortemente attuale. Ci sono molti riferimenti, anche piccolezze che ad un occhio attento non sfuggono. Sono molto contenta del mio lavoro su quel film, cosa non sempre scontata».

Sul set di Martin Eden con Luca Marinelli

Tornando nella bolla del Pratello, come la vivi e qual è il tuo rapporto con la città di Bologna?

«Bologna l’adoro, soprattutto da quando ci sono ritornata. Ci sto benissimo e ora la vivo diversamente, da mamma e non come parte del popolo notturno di quando me ne sono andata. Nonostante il mondo in questo momento sia l’esatto opposto di quello che vorrei, Bologna rimane comunque un’isola felice e il Pratello rimane uno dei posti migliori in cui stare nella vita, per me. Leggevo che gli alchimisti visitano tanto Bologna perché per via della propria conformazione urbanistica e geografica trattiene al suo interno, tra i suoi portici, tutte le energie che la attraversano e che continuano a fluire ininterrottamente. È per questo che Bologna non cambia mai».

Sul set di Padroni di casa con Gianni Morandi e Valerio Mastandrea

Spesso e volentieri, però, si sente dire, da chi ci vive da sempre, che Bologna non è più quella di trent’anni fa…

«Credo che quelli che lo dicono siano in realtà loro a non essere più quelli di trent’anni fa. Sono loro a non essere più quelli di una volta. Bologna è sempre la stessa, e anche lei è andata avanti, a modo suo, con la gente di ora. Al Pratello, tra il Barazzo e il Piratello c’è il mondo».

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