“Da sempre racconto alle mie figlie che noi arrivammo in Colombia con la precisa consapevolezza che dovevamo adottare loro, che io e la Cate stavamo solo aspettando di sapere dove fossero le nostre bambine, così da poterle poi recuperare e portare a casa con noi”.
Leo Ortolani presenta in questo modo la sua personale idea di famiglia, racchiusa in un progetto di adozione internazionale che solo dopo molti anni riuscirà a regalargli due figlie: Lucy e Johanna, entrambe colombiane. Queste vicende sono alla base di Due figlie e altri animali feroci, libro riedito da Bao Publishing e presentato al Mondadori Bookstore in una veste nuova, grazie all’aggiunta di 50 pagine a fumetti inedite.
A metà fra la prosa e la graphic novel, quest’opera è formata principalmente dalle molte lettere ed e-mail che l’autore inviò ai suoi amici nel periodo che passò con la moglie Caterina in Colombia, durante l’ultima fase di adozione.
Sintesi perfetta fra momenti puramente sarcastico-ironici e altri più accorati e malinconici, viene presentato da Ortolani come il “diario di un’avventura”, che narra non solo il periodo colombiano, dettato da numerosi ritardi burocratici ed ansie genitoriali, ma anche gli anni precedenti iniziati nel lontano 2001, scanditi da un continuo di incontri spiacevoli con psicologi e funzionari statali.
La piccola sala, dedicata dalla Mondadori all’incontro, è gremita di persone: fan di lunga data amanti della serie cult Rat-Man, interessati casuali e persone che hanno provato da vicino storie simili a quelle raccontate. L’intervento di Ortolani tocca temi sia leggeri, come i riferimenti agli amori pre-adolescenziali delle sue figlie, che punti più delicati e forti come il bullismo giovanile verso i bambini adottivi, che costrinse l’autore a dover cambiare di scuola una delle figlie per via dell’antipatia che spesso le riservavano i compagni di classe.
Ottemperando, tuttavia, la narrazione di questi dettagli spiacevoli con il suo solito umorismo, Ortolani riesce a far riflettere su come la realtà delle famiglie adottive non sia come nei film dove tutto fila subito liscio, ma è un mondo che si costruisce pian piano, in cui oltre alle ramanzine e ai confronti servono anche tanta comprensione ed amore.
Siamo riusciti ad avvicinare l’autore, in modo da fargli qualche domanda in più sulla sua famiglia e sul suo rinomato stile di scrittura “pop”.
Dal tuo libro esce un ritratto sia molto dolce dei primi anni con le tue bambine, che al contempo amaro e doloroso. Cosa hai provato nel ripercorrere nuovamente questi passi?
“Non è che si provi molto, quando contemporaneamente alla riedizione del libro sei alle prese con la Prima Guerra Adolescenziale, una guerra di trincea, durissima, che non lascia spazio a nostalgie o chissà quali ricordi. A confronto, gli anni passati a combattere per arrivare ad adottare sono una scaramuccia in posta, di poco conto. Certo è che ripensare all’inizio e vedere quanta strada è stata fatta e quanto sono cresciute le figlie, lascia sempre incantati. Ma dura un attimo, che già arriva un’altra richiesta arrogante dall’adolescenza e dobbiamo respingerla”.
Cosa ti ha portato alla creazione del libro?
“Non c’è un disegno preciso dietro questo libro. Innanzitutto non doveva nemmeno diventarlo, questa raccolta di lettere dalla Colombia. Era un fissare su carta i ricordi dei primi momenti in cui nasceva la nostra famiglia, per poterli consegnare alle figlie una volta cresciute. Ma siccome erano lettere spedite ad amici e parenti, tra questi c’era Andrea Plazzi (ndr. curatore di tutti i suoi racconti) che suggerì di inviare un paio di lettere corredate da disegnetti a una casa editrice, per vedere se potesse nascerne qualcosa. E così uscì la prima versione di questo libro.
In secondo luogo, con la ristampa da parte di Bao, si è ritenuto opportuno allargare il parco fumetto. Trovo che questa edizione sia ancora più godibile e fluida da leggere, con le tavole a fumetti che intervallano i capitoli e rendono il tutto più gustoso”.
Nelle nuove pagine a fumetti che hai inserito si denota una percezione ancor più delicata e riflessiva di tali eventi. Credi che questa direzione sia forse figlia di una maturazione personale avvenuta nel tuo stile narrativo con il passare del tempo?
“Be’ logicamente il tempo matura le persone e il loro modo di vedere e sentire le cose. Non sempre, ma dovrebbe essere così. E c’erano alcune piccole sfumature non raccontate, in quelle lettere, che è stato bello potere recuperare in questa edizione, sotto forma di fumetto”.
Nel racconto ironizzi spesso sul rapporto conflittuale con le tue bimbe, dipinte sagacemente come dei piccoli nani che ti fanno il “gesto alla Scarface” per dimostrare il loro dominio su di te. Questa e altre sono solo la punta di un repertorio di citazioni e rimandi cinematografici che da molti anni hai creato. Pensi che la tua vasta conoscenza del cinema possa aver influenzato il tuo modo di scrivere e pensare i racconti?
“Chiunque scriva, soprattutto a livello di racconto comico, accenna sempre a cose che fanno parte della propria cultura pop, in questo caso televisiva o cinematografica. Ma è giusto un modo di vedere le cose attraverso le proprie passioni. Più importante è per me, a livello narrativo, il riuscire a trarre delle lezioni di scrittura dalle storie che scorrono su piccolo e grande schermo.
Una lezione che ho appreso fin da quando ero un ragazzino, appassionato già allora di questi media e impegnato a mescolare i diversi modi di raccontare, ibridando il fumetto con il cinema, i suoi tempi comici e drammatici, la sua regia, le sue inquadrature. Utilizzando tutto quello che potesse aiutarmi a raccontare ciò che volevo mettere su carta”.
Ritieni vi sia la possibilità di rivedere questo tipo di narrazione “ibrida” anche nel futuro? Magari un nuovo episodio di Cinzia con pagine in prosa?
“Non so, ‘Due figlie e altri animali feroci’ è un fatto abbastanza isolato, anche se potrebbe essere divertente un giorno pubblicare qualcosa di simile, per esorcizzare questi tempi difficili che ci stanno decisamente stritolando i ‘cagioni’ (ndr. in riferimento ad uno scambio di battute che compare spesso nel libro)”.
Già disponibile in libreria con questa nuova veste grafica, l’opera potrebbe trovare a breve un seguito, tramite la rappresentazione di quella che lo stesso Ortolani definisce “la crescita da piccoli nani a pre-adoloscenti”.
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