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Do ut do porta la fragilità ad Artefiera. In anteprima l’opera di Joan Crous

31-01-2023

Di Pietro Di Carlo

Arte ed etica, cultura e cura.

Torna Do ut do, la biennale di iniziative culturali, mostre ed eventi dedicati all’arte, architettura e design che coinvolge artisti, istituzioni, gallerie, imprese e collezionisti per riflettere su un tema legato alla contemporaneità, con lo scopo di raccogliere fondi a favore della Fondazione Hospice Seràgnoli Onlus.

Creata a Bologna nel 2011 da Alessandra D’Innocenzo all’interno delle attività di raccolta fondi dell’Associazione Amici della Fondazione Hòspice Seràgnoli, per questa edizione presenterà in anteprima speciale ad Artefiera al Padiglione 26 stand B80, dal 3 al 5 febbraio, il nuovo tema, la fragilità.

A rappresentarla sarà Fràgil, l’opera di Joan Crous, artista di origine catalana specializzato nella lavorazione del vetro. Sarà proprio quest’ultimo, trasparente, duttile ed eterno, a essere il protagonista di una grande scultura, composta da ben sei opere uniche tutte diverse fra loro, realizzate in fusione di vetro con interventi manuali dell’artista. Per Artefiera l’allestimento dell’opera di Crous è stato affidato alla progettazione di Michele De Lucchi (designer, architetto e “falegname”, amico da anni di do ut do) in collaborazione con Alberto Nason, industrial e lighting designer. In questa occasione le sei opere originarie sono state unite in un’unica e grande installazione, un lungo tavolo di vetro che rimanda alla fotografia di Giovanni Gastel La cena di Atene (2019) la quale vede ritratti i protagonisti della passata edizione di Do ut do.

«Siamo fragili, tutto è fragile intorno a noi: uomini, animali, piante, la vita sulla terra, le nostre relazioni, i nostri sentimenti, i nostri amori, le nostre idee, la sostenibilità del nostro modello di sviluppo, la nostra idea di progresso, la nostra presunta centralità nell’universo, – dichiara Alessandra D’Innocenzo, fondatrice e presidente di Do ut do – se però accettiamo la nostra fragilità possiamo trasformare l’apparente vulnerabilità nel suo opposto, la storia umana lo ha dimostrato, la nostra fragilità diventa agilità consapevole, che se crea una comunità può produrre innovativi e potenti risultati, la vulnerabilità dei singoli diventa forza collettiva per difendere valori condivisi e il bene comune».

Ad accompagnare l’imponente opera di Crous saranno inoltre due panche Bernina progettate da Michele De Lucchi con Alberto Nason e realizzate in pietra Leccese da PI.MAR Limestone di Giorgia Marrocco, storico sostenitore di Do ut do.

I curatori che affiancano il progetto espositivo ideato da Do ut do sono Domenico De Masi (Professore emerito di sociologia del lavoro presso l’Università La Sapienza di Roma), Gianluca Riccio (storico dell’arte, curatore e Professore di storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli), Sebastiano Maffettone (Professore di filosofia politica presso l’Università LUISS di Roma) e Pierpaolo Forte (Professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università degli studi del Sannio di Benevento). Ai loro testi critici che saranno presentati in un unico volume durante Artefiera, si aggiungono i testi di Michele De Lucchi, Roberto Grandi e di Alessandro Bergonzoni. Quest’ultimo è amico e sostenitore di Do ut do fin dagli inizi ed è infatti proprio lui ad aver dato il nome alla biennale. Do ut do ci propone il più puro degli atti d’amore.

Il dare senza ricevere, proprio come il loro nome suggerisce, in un invito all’apertura verso l’altro e, soprattutto, alla fragilità. Che, in fondo, non è poi così male.

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