Eventi

Un mondo in estinzione. La foresta del Borneo in mostra a IT.A.CÀ

25-05-2019

Di Laura Bessega
Foto di Laura Frasca

In un pattern di foglie rese brillanti dal sole di mezzogiorno si intravede la sagoma di un ramo che fa da cornice a due occhi pensierosi e malinconici. Sembra lo sguardo di un essere umano ma è un orango, uno dei pochi rimasti nelle foreste del Borneo dove la popolazione si è quasi dimezzata negli ultimi anni.

“Quando ho rivisto la mia foto nei disegni delle long houses dei Dayak, gruppo etnico nativo della zona centro-sud dell’isola, meglio conosciuti come ex-tagliatori di teste, mi sono emozionata moltissimo. La foresta ha gli occhi, è viva. E io ne avevo colto lo spirito”. Chi parla è la fotografa Laura Frasca, autrice del progetto, diventato poi un libro, Neglected Roots, che sarà presentato oggi, 25 maggio, durante l’inaugurazione della mostra all’interno del ciclo di esposizioni per IT.A.CÀ, festival del turismo responsabile. L’autrice sarà presente alle 19 alla libreria Trame di via Goito per raccontarvi la sua esperienza.

Gli oranghi, il cui nome significa letteralmente “uomini delle foreste” sono una specie che vive unicamente nel Borneo indonesiano e malese e nell’isola di Sumatra. Condividono con noi almeno l’80-90% del Dna. Sono curiosi, attenti e ottimi botanici. Si curano infatti utilizzando piante medicamentose. Sembra inoltre che siano abili solutori di problemi e decodificatori, a partire dalle espressioni, delle emozioni altrui, anche delle nostre. E sono a rischio estinzione.

“Nel silenzio della notte, in alcune aree si sentono volare i droni a infrarosso. Individuano la presenza di vita nella foresta. Questo succede perché ci si è arrivati a chiedere se ci sono ancora gli oranghi in quella zona. Quando non sai quanti esemplari siano rimasti di una specie, è un fatto davvero grave”.

Il principale problema oggi è la selvaggia deforestazione legata alla coltivazione delle palme per produrre olio, che è impiegato in campo alimentare, cosmetico e combustibile. Il secondo polmone della terra dopo la foresta amazzonica sta scomparendo per lasciare il posto alla produzione di legname e carta, dolciumi e prodotti da forno, saponi, shampoo, vernici e combustibili, e tutto quello che non servirà all’uomo quando non ci saranno più gli alberi e il loro habitat.

A rischio non solo solo gli oranghi. Elefanti, tigri, il rinoceronte di Sumatra e in generale la biodiversità delle torbiere, importantissimi serbatoi di carbonio. E, naturalmente, i Dayak, che la fotografa dice di aver trovato stanchi. “Ho pensato subito all’Amazzonia e a quello che può succedere anche agli Indios. Ho avuto paura. Ho riflettuto molto e temo che la situazione sia irrecuperabile. Le nuove generazioni di questo popolo indigeno hanno voglia di scappare dalla foresta e omologarsi alla nostra società. Non dico che non sia legittimo, ma ho pensato a cosa loro rappresentano per il Borneo. Sono l’ultimo baluardo a salvaguardia di un fragile equilibrio”.

Chiedo a Laura Frasca com’è nata l’idea di questo progetto e mi racconta che l’ha pianificato per quasi un anno. Quando vedi in lontananza una enorme nube di fuligine alzarsi nel cielo non è mai un buon segno. Ancora meno in Borneo, dove nel 2015, tra settembre e ottobre, è scoppiato uno dei più devastanti incendi degli ultimi anni. Due milioni e mezzo di ettari persi e una nube di fumo che si è sparsa a macchia d’olio invadendo l’atmosfera dei Paesi vicini. Malesia, Singapore e persino la Tailandia. Nel sud-est asiatico hanno previsto nei prossimi anni 100000 morti premature.

In questo contesto non è facile muoversi per fotografare gli incendi. “Tutte le guide che avevo contattato mi dicevano che non potevo fotografarli. E così ho pensato a un’altra forma di racconto, più evocativa e poetica. D’altro canto, di reportage sull’argomento ce ne sono parecchi. Volevo rendere l’inquietudine di ciò che sparisce mangiato dal fuoco, e per fare questo mi servivano immagini concettuali”. L’ispirazione le è venuta dalle foto dell’isola di Derawan, nella regione del Kalimantan. Al suo interno c’è un incredibile ecosistema chiuso, un lago di acqua marina non comunicante col mare. È diventato l’habitat ideale per migliaia di meduse gialle non urticanti di svariate grandezze. Una nuotata senza pericolo in questo sorprendente acquario giallo e blu è doverosa.

Questo animale planctonico che ricorda un polpo è immerso in un’acqua resa decisamente torbida dagli elementi in sospensione. “Sembra fuligine. Liberandomi dai colori, l’immagine mi ha rimandato immediatamente all’idea di un’isola sommersa con un’enorme foresta che bruciava al suo interno. Ho pensato che se non fossi riuscita a fotografare gli incendi, questa sarebbe stata la chiave per un racconto emozionale di ciò che stava accadendo in Borneo”.
 
Alla fine, alcune foto degli incendi Laura è riuscita a portarle a casa, ma sono rimaste altre quelle che meglio descrivono il suo immaginario sul Borneo. Anche una singola immagine, come quella della medusa, può raccontare una favola, che non è sempre detto che sia una storia. Questo l’ho imparato dai grandi maestri. Ci sono sempre due persone che guardano: chi scatta e chi osserva. Se sei stato abbastanza bravo, chi osserva si creerà il proprio racconto. Per me è questa la potenza della fotografia”.

Sfoglio il libro e nell’ultima pagina ci sono una mamma orango e il suo cucciolo che, abbracciati, ci danno le spalle e guardano avanti. “Stiamo facendo così tanto male in modo ingiustificato perché il consumismo, secondo me, non ha giustificazioni. È un lento suicidio. Ho scelto quest’immagine per chiudere ‘Neglected Roots’ perché rappresenta l’addio della natura all’essere umano. E ha una duplice lettura: la sparizione degli oranghi o, quello che mi auguro, la loro possibilità di darci le spalle e lasciarsi dietro l’uomo”.

L’inquietudine e la repulsione provocate dalla vista di ragni e serpenti in primo piano e sottolineate dalla scelta del bianco e nero si alternano ai gesti e alle espressioni fin troppo umane di oranghi e scimmie nasiche. La fierezza smorzata dei volti dei Dayak si inserisce come anello di congiunzione tra le immagini rigogliose della foresta intatta e quelle desolanti della giungla arsa e sterile.

A noi rimane un monito e il nostro proprio racconto.

 


Quest’anno siamo media partner del Festival!

Che cos’è IT.A.CÀ? Qui la nostra intervista agli organizzatori: IT.A.CÀ. LE STORIE DI CHI RESTA

Leggi gli approfondimenti sugli eventi del programma bolognese:

GREETINGS FROM ITALY! LE CARTOLINE SATIRICHE TORNANO IN MOSTRA A IT.A.CÀ

IT.A.CÀ. LE MOSTRE FOTOGRAFICHE IN PROGRAMMA TRA BOLOGNA E L’APPENNINO

RED ANTS. LE FORMICHE ROSSE DEL SUDAFRICA IN MOSTRA A IT.A.CÀ

> IT.A.CÀ. TRA ERRANZA E RESTANZA

Qui vi lasciamo il programma completo scaricabile con tutti gli eventi e la mappa con i luoghi del festival: Programma Festival IT.A.CÀ

Condividi questo articolo