Un’accurata ricerca delle parole per esprimere in metrica le paure e i desideri della quotidianità, spaziando tra melodie incalzanti e suoni più delicati. La vita veramente è il primo album di Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci, giovane promessa del panorama musicale italiano. Classe ‘97, il cantautore romano, nonostante l’età, si presenta come un ragazzo gentile con le idee chiare e i piedi per terra. L’album, uscito lo scorso aprile sotto l’etichetta Maciste Dischi e distribuito da Artist First, è un invito a vivere la vita non da spettatori ma da protagonisti.
Fulminacci non segue le mode del momento, e, ascoltandolo, la sua ironia e i suoi giochi di parole ricordano il buon vecchio cantautorato, forse per questo viene definito spesso come un giovane vecchio. “Io nella vita sono lo stesso di quello che sono attraverso la musica” mi spiega sorridendo “magari a volte sarò anche vecchio, dipende dalle situazioni!”.
L’ho incontrato prima della sua esibizione al Biografilm Park e mi ha raccontato un po’ del suo album e di come gestisce il successo nella sua vita.
Vivere la vita veramente vuol dire anche accontentarsi di quello che si ha e non cercare sempre altro?
“Certo, ma è anche un concetto molto preciso che ho cercato di esprimere in maniera breve e spero chiara: spesso capita di vivere dei momenti della vita come se si stesse assistendo ad essi e non vivendoli in prima persona. La canzone, ma anche il disco, sono un invito a me stesso in primis e a tutti a vivere sinceramente al cento per cento ogni azione, ogni cosa che si dice”.
Hai scritto sui social che Una Sera è un ritorno a casa dal centro alla periferia. Roma, questa enorme e caotica città, la tua città, influenza in qualche modo le tue canzoni?
“Sicuramente Roma è una città piena di poesia e bellezza, nonostante il caos il traffico le buche di cui mi lamento, c’è tantissima poesia dalla quale mi faccio permeare e che mi aiuta a scrivere canzoni, anche se, a parte rari riferimenti, le mie non sono canzoni solo ambientate a Roma, anzi mi piacerebbe il più possibile renderle universali”.
Sei molto giovane e stai già vivendo un grande successo. Hai paura che ti possa cambiare?
“La cosa bella è che sono spalleggiato da un’etichetta con persone che tengono all’aspetto umano in primis, che fanno questo mestiere per amore della musica e quindi vogliono mantenere intatta la persona che hanno conosciuto quando gli sono stati mandati i provini che poi loro hanno apprezzato e hanno deciso di produrre. Mi sento tranquillo perché, sia nella famiglia sia nel lavoro, sono circondato da persone che tengono a me, anche grazie a loro è difficile deragliare”.
Tu canti “Odio gli artisti, i narcisisti, ma sono pazzo di me”. Tu ti senti artista?
“Ho difficoltà per imbarazzo a rispondere a questa domanda. Lo considero un complimento definirmi artista, per cui non ce la faccio a dire che sono un artista, proprio a livello di dignità, non ce la faccio!”.
E chi invece ti definisce un giovane vecchio?
“Mi ci vedo di più in questa definizione, perché essendo ironicamente negativa è più facile che io stesso lo dica di me. Dipende dalle situazioni. Magari ora non lo sono ma domani forse sì!”.
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