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Giudicare un album dalla copertina. Dischirotti, il collettivo digitale che promuove le arti legate alla musica

22-10-2018

Di Luca Vanelli

Ci hanno insegnato che l’abito non fa il monaco e che un libro non si giudica dalla copertina. Poi sono arrivati i ragazzi di Dischirotti“We judge an album by its cover” (giudichiamo un album dalla sua copertina), si legge a caratteri cubitali nella descrizione del profilo Instagram.

Ma come si fa a giudicare un album dalla sua copertina? Me l’ha spiegato Matteo Bresaola, uno dei fondatori di questo collettivo digitale, nato nel dicembre 2016, che promuove tutte le arti legate al mondo musicale. E Dischirotti non è un semplice gruppo di ragazzi a cui piacciono le grafichette dei dischi.

La mostra dischirotti per la Bologna Design Week 2017 a Color Fest Preview

Devo ammettere che a vedervi da fuori stuzzicate davvero la fantasia, ma nel concreto cosa siete, cosa fate?

“Noi siamo un collettivo digitale che fa promozione sociale di tutte le arti legate alla musica, in particolare soprattutto di grafica. Nasciamo come semplice profilo Instagram nel dicembre 2016 e nel giro di due anni siamo diventati un’associazione per la promozione sociale, con una base fissa a Bologna e circa 25
componenti sparsi più o meno in tutta Italia, da Torino alla Sicilia. Gli ideali su cui ci basiamo sono la condivisione e la creazione di una comunità, due concetti legati all’attivismo sociale”.

Sul vostro profilo Instagram vi descrivete con questa frase: “We judge an album by its cover”. Da dove nasce questa idea?

“Il profilo Instagram è nato con l’idea del ‘digging’, cioè quell’attività che ti porta a scorrere tutte le copertine dei vinili nelle ceste dei negozi di dischi. Mi ha sempre entusiasmato alzare dischi a caso e rimanere folgorato dalla bellezza della copertina. E poi quante volte capita di ricordarsi bene la copertina e non il nome dell’album o dell’artista? Quindi subito ci facciamo ammaliare dalla copertina, poi con Dischirotti ci piace anche andare a scoprire cosa ci sta dietro”.

Discover this cover, la mostra di Dischirotti a Senape, vivaio urbano – Foto di Leopoldo Ferrari

Secondo te che importanza sta assumendo oggi il progetto grafico legato al disco? È un valore aggiunto che porta ad acquistare la copia fisica?

“Assolutamente si e ti faccio subito un esempio. Un disco degli Explosion in the Sky che si chiama ‘Take care,take care, take care’ esce nel 2011 con un progetto molto particolare: aprendo il cofanetto si crea la casetta che è raffigurata nella copertina. La storia che c’è dietro al disco viene raccontata già attraverso il
packaging e la grafica, ancora prima di ascoltare la musica. Oggi l’importanza del progetto grafico per una copia fisica è enorme: la presenza di tante piattaforme streaming rende la musica fruibile ovunque, però se è presente un progetto grafico importante si è più invogliati a comprare”.

In un mercato in cui la vendita fisica è in calo e lo streaming vola, non hai il timore che un giorno tutta la componente grafica possa scomparire e non interessare più nessuno?

“No, non ho alcun timore. Se si osserva l’organizzazione della user experience delle piattaforme streaming, come ad esempio Spotify, l’aspetto grafico, per quanto spesso minimizzato alla sola copertina, è ancora fondamentale. Vedi ad esempio le sezioni con le nuove proposte: proprio come nel negozio di dischi, anche lì gli occhi dell’utente devono essere attirati da una copertina graficamente ben pensata, anche per risaltare tra altre centinaia di immagini. Pure nei primi secondi in cui si ascolta un pezzo nuovo viene mostrata subito la copertina e in quei pochi istanti ci si è fatti influenzare dalla sua composizione grafica”.

Ma quindi queste copertine ci parlano a nostra insaputa?

“Dalla copertina di un disco si possono capire moltissime cose, perché ogni genere musicale ha un po’ il suo stile grafico: ci sono caratteri, fotografie e disegni che rendono identificabile un genere all’ascoltatore. Anche per questo, in Italia si sta cominciando a valorizzare non solo il singolo progetto grafico, ma proprio la figura del grafico musicale”.

Discover this cover, la mostra di Dischirotti da Senape, vivaio urbano – Foto di Leopoldo Ferrari

Tu come ti immagini la copertina del futuro?

“Provo a tracciare una possibile direzione, anche se non è facile. Ci si sta spingendo sempre più a concettualizzare una sola idea e a racchiuderla in una singola immagine quadrata. Questa immagine rimanda spesso a un immaginario collettivo passato, da cui tutti attingiamo. Ad esempio, ora vanno moltissimo gli anni ’80. In un lavoro di James Vincent McMorrow la copertina ha un solo gradiente di colore e rappresenta una grafica distesa della copertina che si metteva nelle audiocassette. Quindi, quello che mi sta colpendo è che più si va avanti, più si affondano i piedi nel digitale e più cerchiamo di rendere idea del fisico in un altro modo, ancorandoci al passato”.

Invece, per quanto riguarda voi, cosa vedete nel vostro futuro?

“Intanto cerchiamo sempre di essere presenti nel mondo reale partecipando a più festival musicali possibile, che sono il nostro universo ideale. Inoltre stiamo impostando un progetto a lungo termine di cui posso dirti solo che tratterà di sostenibilità all’interno dei festival, sostenibilità in tutte le sue sfaccettature, da quella ambientale a quella sociale. Non sappiamo esattamente quale sarà la strada, ma sappiamo bene dove vogliamo arrivare: promuovere in maniera non convenzionale artisti che noi riteniamo validi. Affiancarli su tutti i fronti artistici legati alla musica, per creare insieme a loro un percorso che vada oltre le loro canzoni e li racconti in maniera più completa. Cosa che facciamo già per esempio con Diana, My Girl is Retro e con il rapper romano Laneve”.

Ypsi and draw, il workshop dedicato ai bambini durante Ypsigrock Festival 2018 – Foto di Elisabetta Brian

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