“Quando vedi i vicini di casa che si litigano il rusco da portare giù, quando vedi la polizia dare la caccia ai podisti, quando vedi i cinni rimpiangere la scuola e i giovani in strada aver paura dei vecchi: allora non resta che arrenderti, dalla tua testa non potrà mai uscire nulla di più visionario o surreale.
Nessuno ha più fantasia della realtà. Se anche la spari grossa, lei te la spara ancora più grossa”.
Sergio è un ex sceneggiatore over 50 in crisi che, di fronte ad una pandemia mondiale, l’ennesima trovata della realtà, non sa più cosa inventarsi. È lui il protagonista de L’ospite, il cortometraggio di Emilio Marrese, giornalista, documentarista, sceneggiatore e speaker radiofonico e Paolo Muran, direttore della fotografia e produttore, presentato all’Arena Puccini di Bologna lo scorso 24 settembre e in programma per lunedì 16 novembre alle 21 nella sala virtuale su Distribuzioni dal Basso.
Il biglietto ha un costo di sei euro e la proiezione, introdotta dagli autori, si inserisce all’interno della nona stagione cinematografica di Kinodromo con un appuntamento dedicato alle produzioni realizzate durante il lockdown.
Costretto dalla pandemia alla reclusione domestica, Sergio vive le sue giornate in uno stato di ansia e paranoia, bardato dalla testa ai piedi. Un giorno bussa alla sua porta un omino basso, brutto e grassoccio e anche un po’ buffo che, senza aver ricevuto alcun invito, si insedia nell’abitazione del protagonista. Ospite inatteso e non gradito, l’omino senza identità pare mettersi subito a proprio agio, seguendo con interesse le attività quotidiane di Sergio: la cucina, lo yoga, gli scacchi.
La convivenza forzata tra Sergio e il suo ospite diventa occasione per un incontro-scontro dal quale scaturiscono riflessioni e idee spesso contrapposte sui temi della tragica attualità. E se in un primissimo momento sfugge alla comprensione dello spettatore, si fa presto a capire che quello che Sergio ha davanti a sé è la personificazione del virus. Ebbene sì.
Se lo scorso marzo il Coronavirus fosse entrato nelle vostre case, che cosa gli avreste detto?
“L’idea del corto nasce nei primi giorni di pandemia. Stavamo vivendo qualcosa di enorme ed epocale e l’immaginazione e la fantasia più perverse non riuscivano a stare dietro a quella che era la cronaca – racconta Emilio Marrese, ideatore e sceneggiatore del corto – e c’era quindi lo stimolo per affrontare un argomento così straordinario e anche la voglia di esorcizzarlo e riderci un po’ su”.
Si ride ne L’ospite, si ride quando vediamo il virus preparare un ragù alla bolognese, fare posizioni di yoga, fumare sul terrazzo o litigarsi il bagno con il suo coinquilino. Si ride di lui, ma anche di noi stessi, dei nostri comportamenti e delle nostre piccole follie.
“Fa parte del mio carattere cercare sempre il lato risibile delle cose, è anche un modo per illudersi di controllarle, una forma di autodifesa – confessa Marrese – Il bisogno di dare un volto al virus rispondeva a quell’istinto di dare un’immagine al nemico: se non è più un’entità astratta ti illudi che sia più facile confrontarti con lui”.
In un periodo in cui tutti gli esponenti del tessuto politico, sociale, sanitario e civile del Paese hanno voluto dire la propria, l’unico che non abbiamo mai ascoltato è proprio lui: il virus. Per dargli una voce, Marrese e Muran scelgono uno stile ironico, a tratti satirico e anche un po’ poetico.
“Paolo Muran ed io lavoriamo insieme dal 2014, abbiamo una bella sintonia e, per questo corto, lo trovavo più adatto del solito. So che ha uno sguardo simile al mio nell’affrontare certe tematiche: con ironia, condita però da romanticismo e umanità”, spiega Emilio.
Pur viaggiando sui binari dell’inverosimile e dell’assurdo, buona parte della riuscita del cortometraggio si deve a dialoghi sarcastici e intelligenti, portatori di amare verità, distruttori, tra le righe, di luoghi comuni, autocritici e riflettori dei nostri comportamenti bislacchi.
Sergio, proprio all’inizio del corto, si chiede quanto debba preoccuparsi della credibilità.
Ma, in fondo, se abbiamo riso, se ci siamo posti delle domande, quanto ci importa che questa storia sia credibile?
“Come giornalista lavoro da tutta la vita per poter essere credibile, ma quando si parla di sceneggiatura è relativo. Non credo sia fondamentale che una storia sia credibile, l’importante è che sia bella e che in un qualche modo ci si possa immedesimare con essa. E poi negli ultimi anni la soglia dell’impossibile si sposta sempre un po’ più in là…”.
L’altro grande merito di questo corto è quello di regalarci delle cartoline di una Bologna mai vista prima. La fotografia è di Roberto Beani che cattura, senza filtri, una città silenziosa e dormiente e ce la restituisce con tutti i suoi colori naturali, in diversi momenti della giornata.
“Abbiamo girato gli esterni durante la prima fase del lockdown e gli interni da metà aprile a metà maggio. C’era l’illusione di filmare un momento storico irripetibile, anche se ora non siamo più così sicuri che lo sia”, afferma Emilio Marrese.
Oggi in questa nuova fase della pandemia, che cosa si direbbero Sergio e il virus?
“Stavolta secondo me finirebbe male. ‘Ancora tu, ma non dovevamo vederci più’, per citare Battisti. E menomale che abbiamo lasciato il finale aperto, lo abbiamo fatto quasi per scaramanzia. – confessa lo sceneggiatore – Vediamo cosa accadrà nei prossimi mesi e poi se troviamo la forza, la voglia e i soldi giriamo anche la seconda parte per rappresentare il secondo incontro e, speriamo, la morte definitiva del virus”.
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