Design & Moda

Raccoglie foglie di Ginkgo davanti al Comunale e le trasforma in gioielli. Susan Cavani si racconta. “Sono un’orafa ostinata”

27-07-2018

Di Bruna Orlandi

Mentre carico foto e snocciolo hashtag manco fossi Chiara Ferragni, adocchio una colonnina di anelli che somigliano a lucenti fiori appena schiusi. Mi piacciono e ne voglio almeno uno.

Collezione waterlilies

Contatto via Instagram la loro ideatrice di cui apprezzo e invidio l’hashtag #ostinatamenteorafa che, diversamente dai miei, sembra pregno di significato. Mentre mi informa su materiali e prezzi, mi chiedo “perché ostinatamente?” e decido di intervistarla. Accetta ma mi avverte “non sono assolutamente una persona trendy, te lo devo anticipare”.

Lo avevo intuito ed è proprio per questo che solo pochi giorni dopo sono davanti al suo portone nel centro di Bologna, dove mi accolgono un variegato dispiegamento di gioielli e lei, Susan Cavani, sorridente, schietta e appassionata. Fa l’orafa da 25 anni e per 12 ha lavorato in un importante laboratorio orafo di Bologna. Pensava che la città turrita sarebbe stata una tappa di passaggio invece, come accade a molti, se ne è innamorata ed è rimasta.

 

Brava a scuola, appena concluso il liceo, quasi per automatismo, si scrive all’Università ma la vena creativa della ragazzina che sin da piccola realizzava gioielli con fili della luce, bulloni, corde e tutto ciò che le passasse per le mani, scalpita, freme e si fa sentire.

Susan lascia così gli studi di ingegneria, infrangendo il sogno di un padre cha la desiderava laureata, ma realizzando il proprio e si iscrive a una scuola professionale per orafi e incastonatori di Valenza Po, capitale mondiale della gioielleria. Gli studi durano ben sette anni.

Era una vera e propria full immersion ed è stata anche una formazione di vita perché c’era gente che veniva da tutto il mondo per imparare il mestiere. La mia voglia di esplorare il mondo è nata lì e anche il mio amore sconfinato per il sud, che si vede molto nei materiali che uso, è cominciato lì, in Piemonte. Paradossale!”

      

Susan è un incontenibile e travolgente fiume in piena e non c’è una sua parola che non sia intrisa di passione per ciò che fa.

La mia prima domanda è ovvia. Ostinatamente. Perché?

Nonostante gli alti e bassi, le mode che cambiano, i tempi duri durante i quali le persone spendono meno per il lusso e per ciò che è superfluo, voglio continuare a fare il mio mestiere che amo follemente anche se abbiamo dei momenti di grande lite e di riappacificazione. Sono molto versatile e mi piace produrre in base a come mi sveglio. Io mi voglio divertire e quando vedo un oggetto finito, mi deve piacere”.

Perché dici di non essere trendy?

“Non ho un’indole modaiola, sono molto pratica: mi piace stare comoda e girare con uno zaino. A livello professionale è diverso: realizzo anche oggetti alla moda ma tra le mie creazioni ci sono dei modelli che ho realizzato vent’anni fa e vendo tuttora. Ci sono dei continuativi, come le foglie di ginkgo, che raccolgo a una a una davanti al Teatro Comunale, nel periodo in cui sono gialle e secche: scelgo le più belle, le fotocopio, le incollo su lastre di argento e poi le taglio e le modello. Parto dalla fotocopia ma poi continuo a lavorare su quello che mi ha dato la natura”.

Collezione gingko

 

Mi mostra fiera le sue collezioni il cui tratto distintivo, oltre che nell’istintiva distanza dall’uniformazione, si rintraccia nel connubio tra materiali preziosi come diamanti e oro, audacemente sdrammatizzati con caucciù, plastica, conchiglie, ferro arrugginito, ebano, pietre trovate in riva al mare e addirittura ossa.

Il risultato sono dei pezzi unici, spesso dai forti contrasti, che racchiudono la storia del suo presente e del suo passato e, oltre ad una pietra incastonata, custodiscono un ricordo, una suggestione, un racconto. Nulla è lasciato al caso e i suoi gioielli sono uniti da un filo (forse in argento brunito o chissà) che sembra nascosto ma che conduce a qualcosa, come la collana Like a Virgin, evidente omaggio a Madonna che ha sdoganato le croci conferendogli una valenza non religiosa ma blasfema, oppure la collana “Le città invisibili”, icastico tributo a Italo Calvino.

Collana “Le città invisibili”

Il tuo gioiello preferito?

“Adoro portare il mono-orecchino, ma amo molto le collane lunghe e sottili che posso girare e attorcigliare. La mia preferita è fatta di conchiglie e lava. Se mi invitano a un matrimonio, prima realizzo il gioiello da indossare e poi mi compro il vestito”. 

I tuoi clienti chi sono?

“All’inizio erano di Novi di Modena, paese da cui provengo, ma da quando vivo qui a Bologna il giro si è allargato e mi contattano soprattutto attraverso i social. Nel 2012 c’è stato il terremoto e Novi è stato raso al suolo. In quell’occasione realizzai un ciondolo raffigurante il simbolo del paese ossia la torre, poco prima del crollo definitivo. Lo avevo fatto per me e un’amica, poi la sindaca lo ha visto e mi ha chiesto di produrne altri e ha voluto che mettessi un banchetto durante una festa. C’era una fila incredibile e poi sono partiti gli altri ordini. Ho fatto torri per tre mesi. Credo di averne realizzati 1300. Una parte del ricavato andava al Comune per la ristrutturazione della scuola. In quel momento mi sono molto riavvicinata al mio paese natio. Anche adesso quando vado a Novi, vedo qualcuno che la ha al collo, dal bambino all’anziano”.

LA TORRE DI NOVI

 Susan si ferma e i suoi occhi cominciano a brillare di commozione e i miei seguono i suoi.

“Sono stati mesi furibondi di follie, dolori, pianti ma anche di energia, un’energia che usciva non solo dalla terra ma anche da noi.  È stato un momento di solidarietà, ma anche di festa. Da lì ho capito che non c’è nessuna certezza: si era appena conclusa per me una storia d’amore, perdevo terra sotto i piedi e le case cadevano. Quando superi una cosa così pensi di poter rinascere dalle tue ceneri, sempre”.

Sono uscita dal portone con un ciondolo Klondike, un paio di orecchini della collezione Waterlilies per una mia amica e una certezza: Susan Cavani è una donna romantica.

Dalla sua accogliente casa è tutto.


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