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“Senza il pubblico il teatro muore”. Andrea Santonastaso tra uno spettacolo bloccato e un fumetto in divenire.

06-05-2020

Di Claudia Palermo

È un periodo in cui purtroppo  le luci del teatro sono spente e anche l’attore bolognese Andrea Santonastaso ha dovuto interrompere la sua tournée. Nell’attesa di poter calcare di nuovo i palchi, si sta dedicando ad un’altra sua grande passione, il fumetto. 

Oltre alla formazione teatrale, Andrea negli anni universitari ha frequentato anche una scuola per imparare a disegnare. Vi si è appassionato fin da bambino, soprattutto grazie a un suo omonimo, il grande Andrea Pazienza. Fumettista, disegnatore, pittore. Controcorrente e innovatore, ha raccontato con le sue tavole che sono state definite “letteratura disegnata” un periodo difficile per l’Italia: dagli anni di piombo agli anni ’80. Morto prematuramente a trentadue anni per molti è diventato un riferimento, un mito. Per Santanastaso è stato un mentore. Il “mostro del fumetto con la M maiuscola”, come lo definisce lui stesso.

Prima della chiusura dei teatri, infatti, stava portando in scena uno spettacolo a lui dedicato “Mi chiamo Andrea, faccio fumetti”, monologo, scritto dall’autore Christian Poli, e da lui stesso interpretato. Sullo sfondo di una Bologna accesissima, le vite e i disegni dei due Andrea si intersecano, trovano punti di contatto in una scenografia di fogli bianchi che prendono colore e forma durante lo spettacolo.

Ed è proprio il fumetto che ha aiutato Andrea Santonastaso a superare queste lunghissime giornate di quarantena. Molte delle sue ultime tavole sono riferimenti ironici e pungenti al periodo che stiamo vivendo, pesante e insolito, ricco di incertezze di fronte alle quali non è facile trovare risposta. Raccontano stanchezza, noia, rabbia, non lesinando qualche frecciatina a quella parte di stampa che ha adottato l’arma del terrorismo psicologico. 

L’abbiamo raggiunto al telefono e ci ha raccontato come affronta con creatività la sua quarantena e cosa pensa del trauma che il mondo del teatro sta affrontando.

“Sto lavorando ad un’altra sceneggiatura che non vi posso ancora  svelare e sto anche scrivendo un fumetto. Alcune tavole di questo mio ultimo progetto le ho reinterpretate aggiungendo delle didascalie aderenti al paradosso che stiamo vivendo” 

A noi ne ha concesse quasi una decina. Grazie Andrea.

Oltre ai tuoi disegni, che sono già molto espliciti e lasciano trapelare il tuo stato d’animo, hai un messaggio o una riflessione legati al cambiamento che il mondo del teatro sta subendo?

Il mio pensiero è che senza il pubblico il Teatro muore. Amaramente ma realisticamente credo che non ci sia molto da aggiungere. Perché il Teatro è come l’Amore che si scrive, si canta, si declama, ma per procreare si ha bisogno del contatto fisico. E per il momento ci hanno troppo spaventato per sperare di averlo a breve. Ma dovremmo pur procreare, no?! E allora quando ci sarà meno paura torneremo ad abbracciarci e a generare figli ed Arte, che sono la sola speranza che abbiamo noi esseri umani, se non vogliamo estinguerci.

Insomma posso dirvi che siamo nella merda, ma in Teatro questa frase porta bene, quindi pensiamo in maniera positiva, anzi no, ottimistica, ché positivo è termine che preferisco evitare!

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