Sotto i portici di via Cartoleria a Bologna, a pochi metri dal Teatro Duse, esiste La confraternita dell’uva, un posto dove cibo, vino, musica e letteratura si incontrano creando un connubio unico e un luogo alquanto singolare.
Quello in cui ci accoglie Giorgio Santangelo, uno dei proprietari, è sicuramente uno degli ambienti più esteticamente alternativi e accattivanti per chi bazzica nei vari locali del centro storico di Bologna.
L’insegna al civico 20b di via Cartoleria, nel cuore storico della città, ci informa che stiamo per entrare in un posto ibrido, una libreria indipendente, caffetteria e wine bar.
Una chitarra appesa al muro, un divano, qualche ritratto, arredo in legno, un quid di vintage. Fate conto, un’atmosfera da antica osteria del villaggio in cui Shakespeare, Bukowski, Pratt e altri si ritrovano e si abbracciano sugli scaffali come vecchi amici.
L’editoria oggi non naviga in buone acque, si leggono sempre meno libri e moltissimi autori rimangono perlopiù sconosciuti perché non pubblicati da grosse case editrici. Stesso discorso vale per le filiere di molte realtà imprenditoriali nel settore culinario e vinicolo, così come birrifici e piccole fabbriche locali, che arrancano e soffrono ancora tanto la crisi.
Quindi, perché non far convivere sotto uno stesso tetto carta stampata e polifenoli?
La Confraternita dell’uva, nonostante il nome possa far pensare subito a una setta di alcolisti anonimi e a spietati potenziali assassini, è tutt’altro e nient’altro che questo: un posto in cui letteratura e vino si sposano e vanno a nozze con sani princìpi etici, dove piccoli editori e produttori indipendenti trovano il loro spazio e il loro motivo d’essere.
Uno spazio in cui bere del buon vino mentre la vista si sollazza con fiumi di parole e il palato con delle ottime pietanze pugliesi. Talvolta anche l’udito viene deliziato dalle performance di artisti che passano per la Confraternita. Con buona pace dei vicini.
Da dove viene l’idea di creare un locale come questo?
“L’idea mi venne durante il mio tirocinio a Bruxelles, nell’estate 2015 – mi spiega Giorgio – Lì ho lavorato da Piola Libri, una libreria-osteria in mano a due italiani, Jacopo e Nicola, in cui lavorano italiani e si vendono libri rigorosamente in italiano. Un’altra spinta all’idea è stata data da un altro tirocinio fatto all’estero, quello a Barcellona nell’estate 2016, insieme a Cecilia e Valentina, che gestiscono una libreria italiana chiamata ‘Le nuvole’ in onore a De André”.
Dopo queste due esperienze capisce che, da persona farcita di letteratura e amante della buona cucina quale è, a Bologna, che è la città in cui ha studiato ed è ritornato, mancava un qualcosa di simile a posti come quelli e che gli sarebbe piaciuto trovarne uno.
“Alla fine eccoci qua, nel dicembre 2016 lo abbiamo tirato su io e il mio socio Antonio Ciavarella e adesso ci siamo dentro!”.
Giorgio ci parla poi del sodalizio con il socio, Antonio Ciavarella.
“Antonio è l’altra pietra di fondazione di questo posto, ci siamo conosciuti perché fidanzato di una mia cara amica. Lui viene da studi di Giurisprudenza e dal master in Food and Wine Management alla Bologna Business School, con annesso uno stage da Alce Nero. Bisogna anche dire che il posto qui in via Cartoleria lo ha trovato lui, passando per caso da qui e parlando col gestore del locale che era qui prima di noi. La persona giusta nel momento giusto, perché Antonio ha le competenze e tutto quello che serviva per metterci in società e dare finalmente vita alla Confraternita”.
Domanda inevitabile. Perché il nome “La confraternita dell’uva”?
“Oh, eccoci. Finalmente lo spiego”. L’espressione radiosa di Giorgio già parla per lui.
E mi spiega che il nome viene dal titolo omonimo di un romanzo di John Fante, scrittore italo-americano di origine abruzzese sul quale ha scritto la tesi di laurea. Scopro che Fante è conosciuto anche per essere stato sceneggiatore per Hollywood e per De Laurentis in Italia alla fine degli anni ‘50.
Con mia enorme sorpresa, vengo a scoprire un autore di romanzi intrisi di un’italianità incredibilmente unica, scritti in inglese ma con termini in italiano e addirittura in dialetto, perché Fante si ispira a quel sentirsi italiano tipico del padre e dei suoi amici che si incontravano spesso per bere e chiacchierare seduti in qualche bar di Denver.
“Per noi Fante rappresenta molto perché racchiude appieno lo spirito che anima il nostro locale, perché si uniscono vino e letteratura e parla di vecchi italiani che si incontrano in un caffè. Senza volerlo dice anche tanto dell’essenza di Bologna, che è da sempre una delle città più multiculturali in Italia e nella quale si incrociano mille identità.
Un luogo in cui è ancora una sana e bella abitudine frequentare posti come il nostro, anche solo per un bicchiere di vino, fare due chiacchiere, leggere un libro e fare cultura. Una città dove tutti, alla fine, riescono a trovare la propria dimensione e sentirsi in qualche modo a casa”.
Proseguendo nella chiacchierata, conosco sempre più uno scrittore di cui avevo sentito solo il nome. John Fante è nato in America ma da genitori italiani, motivo per cui si sentiva italiano in terra straniera ed era in ricerca costante di una via di fuga dall’italianità opprimente della famiglia, anche se non ha mai rinnegato né odiato le sue origini. Era in sostanza tra quelli che all’epoca chiamavano dago, un termine dispregiativo per indicare gli italiani in America.
“Io e chi lavora con me veniamo da Foggia e credo davvero che uno scrittore come John Fante in qualche modo riesca a parlare molto a tutti, a noi del Sud forse un po’ di più. Dice tanto soprattutto a chi emigra in Italia o all’estero per lavoro, a chi è costretto a migrare altrove, ma fa altrettanto anche con i fuorisede che studiano e lavorano in altre città italiane come noi, anche se in modo più tranquillo e diverso.
Quello che ho imparato vivendo fuori dalla mia terra d’origine è che anche se si vive da tanto a Bologna o altrove, in fondo si rimane sempre fuorisede”.
Giorgio ci porta a fare un giro per il locale e ci mostra orgoglioso la letteratura proposta, la maggior parte della quale di scrittori provenienti da case editrici indipendenti che spesso scelgono la Confraternita dell’uva come luogo per la presentazione del loro libro. Del circuito indipendente sono anche i musicisti stranieri e italiani, che periodicamente si esibiscono da loro, e i prodotti culinari pugliesi, dai celeberrimi taralli fino alle conserve, alle olive, alle birre e alle più disparate prelibatezze made in Puglia. Senza dimenticare le iniziative benefiche, gli open mic, i corsi di degustazione, gruppi di lettura e le mille iniziative che si susseguono per tutto l’anno nel fitto calendario e nelle agende di Giorgio e Antonio.
Il tutto, sotto l’occhio vigile di John Fante che osserva gli avventori dall’alto del suo ritratto appeso alla parete.
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