«Flush guarda il mondo dal basso, ed è questo che ci interessa: uno sguardo alternativo sulla realtà, sulla storia, attraverso una serie di appuntamenti sulle narrazioni attorno alla rappresentazione delle donne. Lo sguardo con cui autrici e editrici osservano e interpretano ciò che ci circonda».
Torna per la terza edizione Flush Festival, in programma dal 15 al 17 settembre al Centro di documentazione delle donne di Bologna.
Tre giornate dedicate alle produzioni editoriali – cartacee e native digitali – del femminismo contemporaneo tra talk, incontri tra autrici e divulgatrici digitali, esposizione di progetti editoriali, laboratori sull’utilizzo delle tecnologie per la produzione e divulgazione di contenuti per riflettere sulle autonarrazioni dall’approccio intersezionale e incentivare percorsi di vita non allineati ai modelli patriarcali e oppressivi.
Il nome del festival riprende uno dei libri più conosciuti di Virginia Woolf ed è promosso da Orlando, associazione che gestisce il Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne, con l’obiettivo di mettere al centro un confronto generazionale e serrato, indirizzato a chi opera nel settore editoriale d’autrice ma non solo per una partecipazione sempre più equa e inclusiva.
Abbiamo raggiunto Elena Lolli, una delle organizzatrici, per farci raccontare qualcosa di più.
L’edizione precedente, del 2022, si è concentrata sulle autrici di fantascienza nel contesto editoriale italiano per analizzare il ruolo di disastri ecologici a braccetto con le guerre patriarcali. Quest’anno, per la terza edizione, avete deciso di far vertere il festival sulle autonarrazioni: qual è l’obiettivo del tema e lo scopo che vi siete prefissat* nell’esplorazione di questo concetto?
“Ci sono storie che aspettano solo di essere raccontate e ci sono voci che aspettano solo di auto-narrarsi. Il festival di questa edizione vuole riflettere sulle autonarrazioni. La pratica femminista, d’altronde, ha spesso utilizzato il racconto della propria esperienza per mettersi in relazione con il mondo, una necessità che ancora non si è esaurita. Autobiografia e auto-narrazione come costruzione del sé, come riappropriazione di agency, memoria e radici. Autobiografie e auto-narrazioni quindi, al contempo individuali e collettive, che, attraverso la riappropriazione del passato, raccontano identità presenti e ricostruiscono le fratture derivate dal trauma generazionale dell’invisibilizzazione storica e dell’assenza costante».
Com’è organizzato il programma nelle tre giornate e qual è il potere della bibliomanzia? E quindi, qual è e quanto è grande l’importanza della parola, non solo scritta ma parlata, detta ad alta voce, per le e dalle donne?
«Flush festival si pone come un bacino che raccoglie e coniuga esperienze diverse e spesso lontane tra loro. Fin dalla prima edizione abbiamo voluto mettere insieme tutto ciò che fa parte del mondo editoriale oggi, e quindi ormai tantissime cose differenti e dalle molteplici forme.
Partiamo venerdì 15 con il laboratorio di bibliomanzia, nel quale chi parteciperà avrà l’occasione di leggere ad alta voce e prevedere l’inaspettato, a cui seguirà l’inaugurazione della mostra che ospitiamo quest’anno, Art in the chiostro/Sluttification della mia prozia a cura del performer Charlie G. Fennel e una delle visite guidate in Archivio.
Sabato 16 invece daremo il via al weekend con la fiera dell’editoria femminista nel chiostro, dove saranno presenti le case editrici femministe, in contemporanea i laboratori di Wikimedia Italia, le visite guidate e due talk che indagano la narrazione autobiografica e biografica: Elaborare il passato per resistere al presente. Narrazioni del sé e confronto intergenerazionale. Con Morena Pedriali, Farian Sabahi, Anna Maria Gehnyei aka Karima 2G e Raccontami una storia, che indaga il tema delle narrazioni biografiche attraverso il podcasting, insieme a Sabrina Efionayi, Sara Poma e le autrici dei podcast Radio Vanloon.
Domenica 17 invece chiudiamo la tre giorni con un laboratorio di scrittura autobiografica, il laboratorio ZINE REVIEW con Giulia Vallicelli di Compulsive Archive e il talk dedicato, mentre invece gli spazi verranno invasi dalle bibliomanti e i bibliomanti che porteranno la lettura ad alta voce con tecnologie digitali e analogiche, suoni e movimenti per interferire e promuovere l’editoria femminista. La voce e la parola sono gli elementi centrali che faremo risuonare in ogni angolo di Flush Festival, con ogni mezzo e attraverso ogni persona che lo attraverserà».
L’evento si terrà alla Biblioteca italiana delle donne: luogo semisconosciuto purtroppo ai più insieme all’Archivio storico. Quali sono gli altri luoghi bolognesi, di cultura e non, dedicati al mondo delle donne che pensate meritino di essere maggiormente conosciuti?
«Dai consultori alle piazze, i luoghi delle donne sono popolati e animati da esperienze concrete; con interventi in settori fondamentali della vita pubblica e privata, danno risposte a bisogni e desideri e ridisegnano i territori proponendo di fatto un altro modello di società. Ma i luoghi delle donne sono anche simbolici e immateriali pensiamo alle assemblee femministe che si svolgono nelle piazze e nelle Università, o alle feste e ai cortei che adottano pratiche di autogestione dello spazio. Più ne saremo coscienti e consapevoli più potremo adoperarci per conservare questi luoghi, per prendere parte alla loro vita e includerli nella nostra. Bologna è una città particolarmente ricca di associazioni, collettivi e gruppi informali, attivi sui temi di genere.
Un recente percorso partecipato che si è svolto al centro delle donne, ha portato alla produzione collettiva di una mappa digitale dei luoghi delle donne della città metropolitana di Bologna e sarà presto online. Segnaliamo tra i tanti Armonie, nel quartiere Savena, al suo interno un giardino e una piccola biblioteca femminista dedicata a Sandra Schiassi femminista conosciutissima e amata in tutta la città, mancata nel 2018. Da aggiungere anche lo sportello della consultoria autogestita dalla collettiva La Mala Educacion».
La vostra è la fiera dell’editoria indipendente femminista: a conti fatti, oggi, che spazio occupa nel panorama editoriale italiano e internazionale, com’è cambiato e che prospettive ci sono, a vostro, parere, per il futuro?
«Flush festival si inserisce in una cornice italiana in fermento, dove stanno emergendo energie, voglia di costruire percorsi, di contaminarsi e di rimanere propositive anche nell’ambito editoriale. Ci sono realtà che da anni si concentrano sull’esperienza femminista, tracciando attraverso le proprie pubblicazioni anche l’evoluzione della discussione attorno a questo tema e ai dibattiti che ne emergono. Il loro lavoro è prezioso proprio perché accompagna anche l’evoluzione dei movimenti, del dibattito pubblico (o delle bolle, molto spesso) e contribuiscono a generare il “nuovo archivio femminista dell’editoria italiana“, se così lo possiamo definire. Fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano i testi ancora a catalogo, ora non è più così. Lo stesso discorso vale anche per altre esperienze di rassegne e festival che si pongono come luoghi attraversati da molteplici visioni, dibattiti e confronti, sempre più necessari nel discorso femminista. Sono luoghi ricchi e fruttuosi, dove è possibile coniugare realtà istituzionali, DIY, collettivi, scrittrici, artiste, appassionate e tanto altro.
Allo stesso tempo sappiamo che il panorama anche più mainstream del nostro Paese sta ora cercando di intercettare alcuni bisogni del mercato editoriale, avendo capito che è un momento dove c’è grande attenzione e richiesta per titoli. È un sintomo di un’attenzione delle nuove generazioni e anche sintomo di un Paese che non ha ancora raggiunto tappe importanti da un punto di vista politico. L’editoria sta giocando un ruolo importante, che speriamo si trasformi sempre di più anche in prassi».
Quest’anno come partner per la vostra F avete scelto l’artista Nicoz Balboa: che messaggio avete cercato di trasmettere a livello visivo?
«F come Flush, F come Femminismo. L’identità visiva del festival è una grande F carnosa e sferica che ci guarda con curiosità, come Flush, il cocker spaniel, protagonista del romanzo di Virginia Woolf. Questa grande “F” a ogni edizione viene caratterizzata da un artwork realizzato sul tema dell’edizione. Quest’anno a rappresentare il tema delle autobiografie è stato chiamato Nicoz Balboa, tattoo artist e fumettista che usa i suoi eventi di vita come ispirazione per opere che vanno dal disegno al tatuaggio, passando per il diario grafico. La sua opera è radicata nella tradizione del discorso lgbtq e femminista».
Condividi questo articolo