“Noi abbiamo permesso questo. Noi siamo la maggioranza e abbiamo permesso che queste crudeltà avvenissero. Ora stiamo tutti sanguinando”.
Dalla sala proviene uno strano mormorio. Un suono indistinto prodotto da chi le ingiustizie le combatte e da chi invece le subisce quotidianamente. Tutti guardano verso Ken Loach, regista e attivista dalla pluripremiata carriera. “La nostra unica speranza è rimanere umani”.
È con questo ritmo serrato e condannevole, ma al tempo stesso autocritico e predicatorio che Loach professa i suoi ideali pacifisti al termine della proiezione di Sorry We Missed You, suo ultimo lavoro in uscita il prossimo 2 gennaio.
È la Cineteca di Bologna a fornire gli spazi per questa discussione, invitando a presenziarvi anche i rappresentanti dell’azienda Samp di Bentivoglio, del sindacato Riders Union Bologna (formato da rappresentanti sociali e impiegati su strada di aziende delivery food) e della Felsinea Ristorazione, azienda facente parte del progetto municipale Insieme per il lavoro. Un clima di dialogo e confronto cui sono intervenuti, a nome del Comune, anche gli assessori Matteo Lepore e Marco Lombardo.
Dall’infanzia di un piccolo allevatore di falchi nelle periferie povere dello Yorkshire (Kes) all’infausta maternità di una donna abusata (Ladybird Ladybird), dalla disperata ricerca finanziaria di un padre per comprare alla figlia il vestito della prima comunione (Piovono Pietre) alla malinconica lotta di un cardiopatico per il sussidio statale (Io, Daniel Blake), questo e molto altro è l’immaginario del mondo cinematografico di Ken Loach. A tale puzzle socio-morale si aggiunge oggi la storia di Ricky, fattorino a domicilio, e della sua sfortunata famiglia, perennemente vicino alla bancarotta, continuamente appesantita dalle incombenze finanziarie del mondo civile.
Ma è civile davvero quella realtà di cui fanno sempre più esperienza molti dei lavoratori autonomi e dei proprietari delle piccole imprese locali contemporanee? “Che tipo di lavoratore è un lavoratore schiacciato dal peso del suo stesso impiego?” chiede l’assessore Lombardo nei primi attimi d’arrivo del regista. “Molte forme di lavoro autonomo moderne rischiano di divenire forme di schiavismo digitale – continua Lombardo – esistono ancora i diritti dei lavoratori? Esiste il diritto di disconnessione, di vivere senza pensare sempre al proprio impiego?”.
Il film di Loach si pone direttamente in connessione a questo tipo di tematiche, lasciando ben intendere la posizione del regista, la sua totale asprezza e odio verso un sistema capitalista sempre più distante dal bene dei suoi dipendenti.
“Avrei potuto scegliere storie ben peggiori da raccontare” ammette Loach subito dopo.
“L’idea di fare questo film nacque mentre stavamo facendo le riprese nei banchi alimentari per ‘Io, Daniel Blake’. Quello che mi sorprese maggiormente è che molte delle persone che richiedevano approvvigionamenti erano lavoratori, loro pur lavorando una settimana intera non riuscivano a sfamare la propria famiglia, i propri figli. Divenne sempre più chiaro ciò che sapevamo fin dall’inizio, il lavoro è cambiato e tutto ciò che avevano raggiunto i sindacati stava scomparendo”.
Anche il protagonista del film fa parte di questo nuovo mondo, consegnando pacchi prioritari fino alle nove di sera e arrivando a casa giusto in tempo per abbracciare la figlia prima che questa vada a letto. Tutto questo è secondo Loach colpa nostra, colpa dei cittadini che hanno permesso il sopravvento di un sistema così improntato sul guadagno. “Non abbiamo fatto niente per fermarli”.
“Ieri sera mia figlia mi ha chiamato al telefono e mi ha raccontato di un suo amico che ha ricevuto un pacco contenente un coltello da cucina alle undici di sera. Il driver gli ha chiesto un documento d’identità pur essendo il destinatario evidentemente cinquantenne. Non appena questi mostrò il suo disinteresse verso tale procedura, il fattorino scoppiò a piangere, dicendo che se non avesse fatto la foto al suo documento non sarebbe stato pagato per la consegna”. Come racconta Loach, tali realtà sono all’ordine del giorno per questi lavoratori. Costretti a sopportare turni massacranti e a pregare i clienti di aiutarli nelle procedure di consegna pur di essere pagati.
Tragici racconti quotidiani inondano il dibattito. Loach è il primo a farsi testimone dei terribili eventi cui prese conoscenza il suo sceneggiatore durante lo sviluppo della storia: “Laverty entrò in contatto direttamente con alcuni di questi dipendenti e fra questi sentì molte storie al limite del credibile in quanto a tragicità. Come quella di un fattorino diabetico che, pur di evitare la multa di 150 sterline per assenza dal lavoro, decise di non presentarsi più alle visite mediche, fino a morire un giorno mentre stava salendo sul suo furgoncino”.
Loach prosegue ancora a raccontare i momenti che più l’hanno ispirato (di cui si può anche trovare presenza nel film), ma si accorge ben presto del clima mesto che si è formato nella sala del Cinema Lumière. Così decide di terminare rapidamente il discorso che stava portando avanti, per rivolgersi direttamente ai giornalisti e ai rappresentati delle realtà lavorative e sindacaliste presenti davanti a lui: “Dobbiamo avere un sistema diverso. Quando si invecchia si diventa impazienti, ma credo che la generazione odierna abbia già compreso l’errore dei padri. Ripongo fede in loro e così dovete fare voi. Per citare il famoso sindacalista americano Joe Hill “non piangetevi addosso, organizzatevi”.
Subito dopo Loach si alza e procede verso l’uscita. I giornalisti e lavoratori presenti iniziano ad applaudire mentre lo seguono all’esterno. I fotografi cercano di catturare il momento, ma ormai è già passato. Loach ha detto quello che doveva dire: per lui la lotta è appena iniziata.
Condividi questo articolo