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Manuel Agnelli ci porta nella Berlino punk degli anni 80

25-02-2020

Di Martina Fabiani

“Berlino negli anni Ottanta è stato uno squarcio doloroso all’interno dell’Europa divisa”. Recita così Manuel Agnelli, frontman e fondatore degli Afterhours, in apertura al documentario Berlino Est Ovest della regista bolognese Enza Negroni, presentato lo scorso mese al Cinema Lumière in occasione di Art City Cinema.

È proprio Manuel Agnelli, a distanza di trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, a ripercorrere un viaggio iniziato molto tempo prima dal manager musicale bolognese Maurizio Stanzani. Il film prende le mosse dal ritrovamento dell’archivio di Stanzani che, negli anni Ottanta, decide di recarsi a Berlino per filmare strade, locali, band e movimenti musicali di una città che non si fermava mai. Il risultato sono 50 ore di video inediti e filmati originali.

Prodotto da Sonne Film e Edenrock, realizzato con il contributo della Emilia Romagna Film Commission in collaborazione con Sky Arte e con il patrocinio del Comune di Bologna, ha debuttato, diviso in due parti, lo scorso novembre su Sky Arte, in occasione del trentesimo anniversario dalla caduta del Muro di Berlino.

“Prima di morire Maurizio lasciò tutte le registrazioni a me e mio fratello, probabilmente perché voleva montare il materiale, ma non era riuscito a trovare una distribuzione – racconta Enza Negroni – le abbiamo conservate per trent’anni in un armadio di legno per poi decidere di riprenderle in mano lo scorso anno”. La potenzialità del progetto è stato subito colta da Giangiacomo De Stefano, che ha deciso di produrre il documentario.

Berlino è sempre stata un corpo estraneo rispetto al resto delle città. Nonostante la divisione, quell’universo apparentemente decadente, è stato per molti un luogo dove cercare una vita alternativa, dove immergersi, e lasciarsi ispirare. La risposta al muro è stata lo sviluppo di una controcultura, declinata in nuove forme di espressione artistica, sperimentazioni sociali, movimenti musicali e spazi di aggregazione.

Maurizio Stanzani con la sua telecamera analogica è riuscito a catturare un po’ del fermento e della passione che ruotavano attorno a Berlino e alle persone che, lì, avevano deciso di lasciare una traccia: i Notorische reflexe, ad esempio. Gruppo sperimentale nato agli inizi degli anni Ottanta, proponeva al pubblico vere e proprie performance, a metà strada tra musica, teatro e danza. Ripreso da Stanzani ieri e da Enza Negroni oggi, il gruppo berlinese è solo uno dei testimoni di una città che è sicuramente cambiata, ma in cui molti avevano trovato uno spazio.

“Il tessuto culturale nato negli anni Ottanta con la caduta muro si è allargato a tutta la città e ancora oggi Berlino possiede le più importanti scene musicali mondiali, i musicisti ci vogliono suonare e molti scelgono di andare a viverci”, racconta la Negroni.

Nella capitale tedesca hanno fatto tappa anche David Bowie e Iggy Pop, ispirati dal territorio di confine che la città rappresentava. E poi i Nick cave and The Bad Seeds, concependo lì alcuni dei loro dischi più importanti. Proprio partendo da queste figure nasce l’immaginario berlinese di Manuel Agnelli, protagonista e voce narrante del documentario. “Per accompagnare lo spettatore abbiamo scelto Agnelli perché, oltre ad aver trascorso un periodo della sua vita a Berlino, ci è tornato molto spesso come musicista e ha quindi esperienza della città e dei suoi luoghi”, continua la regista. A Berlino è nata anche la storia dei CCCP e dei CSI, e chissà quante altre.

In un continuo alternarsi tra passato e presente, il film conduce lo spettatore attraverso i punti nevralgici di un luogo che muta giorno dopo giorno. Alcuni dei locali e dei club che hanno accolto e anestetizzato il dolore di uno stato d’animo collettivo, oggi non esistono più. Berlino è una città multiforme: lo si nota dai colori, dai curiosi e variegati slanci architettonici. Berlino è una città che non ha un’identità, forse perché in troppi ci hanno lasciato la propria.

“Ho cercato la mia Berlino anche altrove e per un periodo pensavo di averla trovata: Bologna”, recita Agnelli a un certo punto del documentario. Un’associazione strana da fare oggi, eppure plausibile al tempo.

“Bologna negli anni Ottanta era una città unica in Italia e centro di molte avanguardie culturali, per certi versi simile a Berlino ovest – ricorda Enza Negroni – gli artisti si sentivano accolti e avevano l’occasione di fare molte conoscenze. Oggi trovo che ci sia più uniformità con altre città italiane”.

Maurizio Stanzani è stato un personaggio chiave all’interno della scena musicale bolognese, una figura che ha allargato gli orizzonti. Insieme a lui il produttore discografico Oderso Rubini e il manager Mauro Felicori. “A Stanzani si deve l’esperienza del Q. Bò, un locale storico di quegli anni, diventato luogo di contaminazione ed esperienze musicali importanti”, racconta la Negroni. Il Q. Bò era nato all’interno di una sala cinematografica poiché una legge dell’epoca consentiva che tra una proiezione e l’altra vi fosse uno spazio musicale.

Enza Negroni racconta di Maurizio Stanzani con affetto. Lo stesso affetto che si percepisce quando parla di Bologna. “Sono molto legata alla mia città, sia come cittadina che come regista, mi dà molti spunti e mi piace raccontare storie che hanno avuto vita qui”, afferma.

Berlino Est Ovest lascia addosso una strana nostalgia.

Forse ciò che ha accomunato Berlino e Bologna in quegli anni non è qualcosa di tangibile, ma una sensazione avvertita da molti di aver vissuto, in un certo momento, qualcosa di unico.

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