‘Svelarsi’ è un esperimento, un sabba, un pigiama party, un’assemblea indefinita e indefinibile, un momento di profonda condivisione. È una risposta all’umiliazione, alla mutilazione, all’invisibilità, al senso di colpa, ad una cultura che ancora insegna alle donne, sin da piccole, a limitare i propri desideri, ad accettare invasioni di campo e di corpo da parte dell’altro sesso, a mettersi in disparte e, per senso di costrizione, spesso a esplodere.
Mercoledì 13 novembre alle 21 arriva al Teatro Duse di Bologna ‘Svelarsi’, spettacolo per un pubblico di sole donne (cis, trans, non binary) diretto da Silvia Gallerano, già applauditissima interprete di ‘La Merda’, che tornerà peraltro in scena sul palco di Via Cartoleria il prossimo 3 marzo, dopo i ripetuti sold out delle passate stagioni.
Insieme a lei un cast di donne che si mettono a nudo, simbolicamente e letteralmente.
Nato da un’esperienza laboratoriale con alcune giovani donne che saranno in scena al fianco di Gallerano, ‘Svelarsi’ è un’altalena di stati che va dal senso di invasione e di compressione per mancanza di spazio, alla sensazione di potenza, fino allo strabordare in una risata travolgente.
Sul palco con Silvia Gallerano ci saranno Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini. Lo spettacolo si avvale del contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano
‘Svelarsi’ è, in estrema sintesi, un percorso di ricerca. Per questo si rivolge a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie). Tutte quelle che si sentono e definiscono donne. Non si tratta di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma di indagare che cosa succede ai corpi simili di chi assiste, domandarsi se il proprio corpo risuona più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.
“Svelarsi è nato così – spiega Silvia Gallerano – pensato per sole donne, per aprire un luogo che ci mancava, uno spazio un po’ clandestino in cui entrare lasciando a casa i ruoli, le posture, le bugie che interpretiamo ogni giorno. Perchè viviamo ancora in una società patriarcale e trovarsi tra noi e ricordarsi che non siamo sole rimette la prospettiva di sé a posto. Perché ogni tanto bisogna osare esperimenti, anche scomodi, per scardinare i nostri stessi punti di vista. Perché così è e basta: è una scelta artistica e politica“.
Lo sguardo maschile rimane fuori dalla sala, aspetta.
“Non è un desiderio di esclusione degli uomini, ma di un tipo di sguardo predatore, giudicante, sminuente – continua Gallerano -. È uno sguardo che abbiamo tutte e tutti in diversa misura, è il frutto della nostra società fondata sulla supremazia maschile, secondo la quale chi non è maschio è meno: meno autorevole, meno importante, meno interessante. E come fare a levarselo di dosso? Noi abbiamo immaginato questo esperimento: creare un tempo e uno spazio in cui dei corpi femminili si trovano in una condizione anomala, non quotidiana. Per farlo ci concentriamo sui nostri corpi e sulle storie che si portano dentro”.
Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune. Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Se ne vedono i contorni tragicomici, si impara a riderci su e a rispondere con una potenza non sopita. “L’esperienza che proponiamo solleva una questione, pone delle domande, evidenzia dei dati- spiega Silvia Gallerano -. Tornate nel mondo, dopo questa piccola pausa, siamo più consapevoli di quello che viviamo e possiamo decidere che cosa fare di quello che abbiamo scoperto, intravisto, sentito”.
Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. Una scrittura, dunque, di parole e di corpi. E se le parole a volte sono inganni, i corpi, in questi momenti di svelamento rivelano la vera essenza, il discorso non articolato ma presente.
‘Svelarsi’ è una chiamata.
“Risponde chi se la sente. Non è per tutti. È per chi ha voglia di incontrarci. Non ci mostriamo come animali di uno zoo. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi. Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri” – conclude Gallerano -. “Quello che mi è chiaro è che ‘Svelarsi’ non è uno spettacolo e basta. Potremmo definirlo una miccia, un pretesto, una scusa per trovarsi in una platea separata e osservare l’effetto che ci fa. A me piace chiamarlo esperienza o un’osservazione, perché è ancora aperta dentro di me la domanda di quale sia il risultato finale di questo percorso. Credo che possa essere scritto solo con le persone che vi assistono”.
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