I nostri gesti, le nostre azioni, le nostre parole, i nostri comportamenti e le nostre scelte, anche le più apparentemente insignificanti, possono avere ripercussioni più o meno grandi sui gesti, le azioni, le parole, i comportamenti, le scelte degli altri e di tutto ciò che è altro rispetto a noi. L’uomo non è solo al mondo, ma molto spesso lo dimentica. Ci sono dei legami, talvolta invisibili, tra l’uomo e questo altro dimenticato, che ha il colore del cielo, la consistenza della terra, il profumo dei fiori, le forme delle miriadi di specie animali che abitano il mondo.
Sono proprio i legami invisibili il tema della quarta edizione di Resilienze, Festival nato e prodotto nel 2017 a Bologna per idea di Kilowatt con lo scopo di utilizzare i linguaggi dell’arte per parlare di sostenibilità, cambiamento climatico e gradi trasformazioni planetarie. Quest’anno arriva a Le Serre dei Giardini Margherita dal 10 al 13 settembre, dopo alcuni eventi di preview, tra cui la presentazione del progetto Amazonas, che vi abbiamo raccontato qui.
“L’arte ha un duplice obiettivo: parlare a un pubblico più ampio di addetti ai lavori, ma anche utilizzare la visione laterale e la creatività degli artisti per costruire immaginari desiderabili di futuro che possano spingere le persone all’azione e al cambiamento, senza illudere, né proiettare scenari distopici”, afferma Nicoletta Tranquillo, membro di Kilowatt e una delle ideatrici di Resilienze.
Riflettere sulle connessioni tra ambiente, società, economia e cultura significa, però, non poter prescindere dalla loro complessità. Parola spesso evitata o fraintesa, la complessità non indica necessariamente una complicazione della materia trattata, ma lascia spazio all’attenzione, alla cura, al coraggio e alla diversità.
“La complessità è una parola poco usata da chi prende le decisioni che, invece, tende a semplificare, dividere, banalizzare e rendere lineari legami che non lo sono”, continua Nicoletta.
Coraggiosa, diversa e senz’altro resiliente è la scelta adottata da Kilowatt di cambiare il format del Festival, dilatandolo e sviluppandolo in tre atti: Semina, Coltivare con cura e Raccolto. I tre atti coprono un arco temporale che va da settembre 2020 fino a maggio 2021, periodo che coinciderà con la quinta edizione di Resilenze.
“A Febbraio eravamo già pronti per l’edizione 2020 e, senza sapere ciò che sarebbe successo, l’avevamo chiamata ‘L’arte del contagio’. Ci siamo bloccati per circa un mese per poi decidere di andare avanti, consci che fosse più urgente che mai parlare di queste tematiche – confessa Nicoletta – I danni ambientali che stiamo causando sono stati tra le cause di una così ampia diffusione del virus”.
In un tempo in cui si fa della velocità un mantra e un obiettivo da perseguire, Resilienze Festival sceglie di percorrere la strada della lentezza e dell’attesa, come il contadino, che rivede e adatta i suoi ritmi per seguire quelli della natura; semina oggi per raccogliere dopo un mese, due o tre.
“La velocità ci fa essere concentrati sull’immediato senza considerare i danni che causiamo per il futuro. In un momento di crisi credo che la lentezza ci possa restituire la capacità di guardare lontano”, continua Nicoletta.
Sguardi, narrazioni, percezioni e sperimentazioni per divulgare i contenuti attraverso sensi e formati differenti. Accanto a dibattiti e convegni, assisteremo a esperienze più sensoriali e sonorizzazioni.
Con Dask Chorus (venerdì 11 settembre alle ore 22:30), Resilienze Festival ci porterà, ad esempio, nel cuore della Foresta Amazzonica, guidati dal ricercatore e compositore eco-acustico David Monacchi nel suo tentativo di registrare, per la prima volta in 3D, il patrimonio acustico di un ecosistema antico e ricchissimo di specie per scoprire come siano proprio le attività antropiche nella foresta a estinguere o cacciare gli animali.
Grazie alla partnership con Silent System, sarà possibile utilizzare un sistema di ascolto in cuffia wireless con un audio spazializzato che permetterà al pubblico di immergersi nel film per un’esperienza sonora mai vista o sentita.
Main artist del Festival è, invece, il collettivo Bepart con l’opera di realtà aumentata Crystal Drops: il linguaggio delle forme cristalline. Si tratta di un’installazione che nasce da lavori di ricerca sulle forme cristalline come metodo di analisi olistico della qualità, della vitalità, della ricchezza nutrizionale di elementi organici e materie prime alimentari. Scopo della ricerca è mostrare come anche gli alimenti siano organismi vivi e complessi e come non basti un’analisi chimica delle loro componenti per caratterizzarli. L’opera è stata realizzata appositamente per il festival e crea un percorso invisibile che collega Piazza Maggiore ai Giardini Margherita.
La sostenibilità alimentare è solo una dei diversi temi che abbraccia Resilienze Festival, pronto a parlare a una Bologna sempre più attenta a temi ambientali e sociali, ma non abbastanza.
“La società civile è molto più avanti della politica. C’è necessità di capire che i temi ambientali non sono degli slogan, ma missioni concrete da portare avanti. Insieme a Fabrizio Barca e Elly Schlein giovedì alle 20.30 durante il dibattito ‘Per un futuro più giusto’ si parlerà proprio di questo”, continua Nicoletta.
Resilienze Festival racchiude i background, le passioni e le sensibilità dei membri di Kilowatt, e forse per questo risulta talmente variegato. Dopo il periodo di semina, da ottobre a maggio ci saranno una serie di webinar che accompagneranno gli interessati sino all’edizione 2021, dedicata alla raccolta.
Il Festival è ad ingresso libero fino a esaurimento posti e potrà essere seguito anche in streaming sul sito resilienzefestival.it.
Solo per i workshop è necessario prenotarsi inviando una e-mail a resilienze@kilowatt.bo.it.
Oggi più che mai, adesso più che mai è necessario riappropriarsi di orizzonti di senso, e volgere lo sguardo al futuro.
Qui trovate il programma completo.
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