“STREAM CIRCUS è il nome di qualcosa che non esiste (e non vuole esistere), il nome di una contraddizione che vogliamo smascherare, lo spettacolo dal vivo on-line”.
Così comincia il manifesto di quello che prometteva di essere il grande ed unico spettacolo di circo contemporaneo online, con numeri da grande parata fatti dalle migliori compagnie internazionali di circo, messi insieme con il solo intento di creare uno show mozzafiato da vedere comodamente in streaming da casa.
Questo stando almeno alla descrizione altisonante degna dell’evento che si sarebbe prospettato.
E così, alle 18 in punto del 10 maggio, nell’evento Facebook appositamente creato poco tempo prima, in cui venivano presentate giorno per giorno le varie compagnie che si sarebbero esibite per l’occasione, è partita una diretta di poco più di due ore. Protagonisti inaspettati i palcoscenici vuoti e le platee di teatri deserte, con il testo del manifesto in italiano e in inglese che scorreva in sovrimpressione. Questi posti, in tempi migliori, sarebbero stati frequentati abitualmente da un buon numero di persone. Un coup de théâtre portato all’estremo.
Un evento che naturalmente e giustamente si è rivelato un bluff organizzato ad arte (e per l’arte, questo è il caso di dirlo) e promosso da varie compagnie circensi europee, tra cui anche La Sbrindola, attiva in città da 10 anni, che si sono unite per dare vita a un progetto-evento fake che alla fine della diretta è stato rinominato, per l’appunto, NO STREAM CIRCUS.
Una polemica contro lo streaming fatta in streaming. Una contraddizione, si dirà.
Ebbene, la genialità sta proprio in questo, nel far vedere che, rendendo virtuale uno spettacolo normalmente realizzabile e fruibile solo dal vivo, trasportandolo e appiattendolo in una diretta online, non lo salva né risolve il problema. E anzi, se ne rende pressoché impossibile la creazione e la successiva fruizione.
Sono tempi di pandemia globale, ma anche di una sana polemica costruttiva contro lo streaming a tutti i costi. Una categoria di artisti, nello specifico i circensi che, per loro natura e per la natura dei loro spettacoli basati su un’imprescindibile presenza fisica e partecipazione del pubblico, non possono affatto scendere a compromessi con la fruizione tecnologica via web. Infatti, nonostante le numerose incognite del settore dello spettacolo uguali per tutti gli addetti ai lavori, se per i musicisti le dirette streaming sui canali social possono rivelarsi un’utile alternativa all’esibizione dal vivo – con buona pace dell’empatia con il pubblico e dell’emozione dei live – per gli spettacoli circensi la musica è ben diversa.
La deriva dello show online non è possibile perché né pensabile né sostenibile, e non è affatto un caso che l’idea di arginarla sia sorta quasi spontanea, per far sì che il problema del compromesso con l’ossimoro “spettacolo dal vivo online” arrivasse dritto a più persone possibili e, quasi per autoironia, senza far rumore.
Palco e platea vuoti, dove l’unico protagonista è il silenzio che invita a riflettere, ragionare e confrontarsi, luoghi svuotati della loro essenza che rendono però attivo lo stimolo a discutere delle problematiche riguardanti il settore dello spettacolo in generale, tra i più colpiti dalla crisi dovuta alla diffusione del Covid-19 con un drastico calo senza precedenti.
No Stream Circus è stato un atto di resistenza contro un paradosso, ma anche una forma di tutela verso quella che è una categoria di lavoratori che, in anni di esperienza e rimboccandosi le maniche, hanno ottenuto grandi competenze a costo di grandi sacrifici. Una polemica a difesa di un’arte che è sinonimo aggregazione e non solo di cultura, contro una sfrenata bulimia mediatica. Un’idea che strizza l’occhio a Walter Benjamin e ne attualizza la critica contro la riproducibilità e la mercificazione del prodotto culturale nel rapporto con i media, che ne fanno inevitabilmente perdere il valore più autentico.
Circensi, danzatori, artisti di strada e i vari performer di questo settore vogliono, come tutti, tornare alla loro vita di sempre senza essere costretti a perdere la loro essenza più autentica, snaturandosi e piegandosi alle logiche del web.
Ciò che chiedono, in sostanza, è solo di puntare i riflettori sull’incognita maggiore: il loro futuro.
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