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WANT, nasce uno spazio di contaminazione artistica tra tatoo, galleria d’arte e abbigliamento

22-12-2023

Di Mattia Lusini

Chi ha detto che fare arte voglia necessariamente dire specializzarsi unicamente in un determinato ambito? Beh, sicuramente qualcuno che non ha mai conosciuto Mirco Campioni e Riccardo Franceschini.

La storia artistica di questi due ragazzi è un vero e proprio intreccio di tipologie e stili che non creano confusione, ma si completano vicendevolmente: musica, pittura e moda sono le muse ispiratrici di quello che è sicuramente un progetto unico nel suo genere. Infatti, i due artisti insieme a Giulio Brunetti, ex cliente di Mirco entrato subito in empatia con lui e divenutogli amico, aprono Want Unconventional Lab.

Want è un progetto nato dalla necessità di creare uno spazio di contaminazione artistico nella quale possano coesistere diverse espressioni creative. Lo spazio fisico è un locale di 300 metri quadri che si trova in via Saffi ed è un grandissimo open space al cui interno vi sono parti dedicate al tatuaggio, all’esposizione di capi di abbigliamento e una galleria con i quadri dei vari artisti.

Il progetto nasce a livello teorico qualche anno fa: «WANT è l’acronimo di Warehouse Art ‘Nd Tattoo» afferma soddisfatto Mirco. La ricerca dello spazio è stata ostica: «Un locale in centro di quelle dimensione e con quei precisi canoni non era sicuramente facile da trovare, ma quando ci si crede veramente tutti gli ostacoli si possono superare» afferma Riccardo. Lo scorso febbraio inizia lo smantellamento del locale, poi a rallentare i piani dei ragazzi interviene prepotente l’alluvione che colpisce quella zona, nonostante ciò il prossimo 16 dicembre ci sarà l’inaugurazione: il primo di tre atti che permetterà di partire ufficialmente con la parte tattoo. Il secondo e il terzo atto saranno dedicati a galleria e shop.

Mirco e Riccardo provengono, come altri tatuatori, dal Sundace Tattoo storico studio bolognese chiuso proprio perché coloro che ne facevano parte hanno deciso di abbracciare la causa di Want. Tra i più conosciuti da segnalare Genziana, famosa a livello internazionale per lo stile giapponese che propone da più di 30 anni, oppure Malafede. Anche qui gli stili proposti sono i più disparati possibili. «La mia specialità è il nero e adoro i tatuaggi astratti» afferma Riccardo, mentre Mirco predilige uno stile più ibrido e figurativo, legato alla pop colture e con un tocco di realismo. I tatuatori lavorano in studi a vista che ricordano un po’ quelle cucine dei ristoranti stellati. «Sembra più uno show room che uno studio di tattoo» afferma Mirco riportando le parole di un suo vecchio cliente.

La galleria d’arte, invece, ospita quadri di artisti che collaborano con i due ragazzi: si parte da opere di collettivi conosciuti e stimati, ma vi è la volontà di abbracciare nuovi artisti: «È uno spazio dinamico, che rappresenta un cantiere sia fisico sia di idee» sostiene compiaciuto Mirco. Infatti, oltre alla mostra vi è anche un luogo dedicato alla performance soprattutto per street artist.

L’ultima parte dedicata all’abbigliamento ospiterà sia il brand “Want” sia brand di altri artisti appartenenti alla sfera di influenza dei due ideatori.

La definizione e la divisione degli spazi non sono, tuttavia, così nette: «Non ha senso parlare di spazi all’interno di un open space – tuona Mirco – l’elemento che fa da collante e che permette di dare armonia a questi tre tipi d’arte è la musica» ricordando come fin dall’inizio sia stata una loro cara accompagnatrice di viaggio.

Giulio sarà lo shop manager del posto: «La sfera che più gli appartiene è quella tecnica, noi siamo artisti invece» confessano ridendo i due ragazzi.

Il nome “Want” nasce per caso: «Ero a casa della mia ragazza e stavo osservando gli sticker che aveva appiccicato nel frigo. Ce n’era uno parzialmente rovinato in cui si leggeva unicamente un pezzetto di frase: “want” per l’appunto. Subito ho pensato che potesse essere un bel nome» spiega soddisfatto Riccardo.

La loro frase più emblematica è “You can see without watching” e vuole trasmettere la necessità di vedere le cose senza utilizzare gli occhi: «Andiamo al di là dello strumento visivo, usiamo il cuore senza filtri e come in un sogno riusciremo a creare opere d’arte» concludono i due ragazzi.

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