...E Altre Storie

Brisel, la mappa emozionale che racconta la città attraverso le sue storie

18-03-2021

Di Costanza Tassoni

Bologna si racconta, e lo fa disseminando briciole.

Storie, visioni, aneddoti per dare voce alla città: questo e tanto altro è Brisel, l’ambizioso progetto di Stefano Bonsi e Camilla Fabbri, che, briciola dopo briciola, racconta Bologna in tutte le sue sfaccettature.

Designer ma autore teatrale per passione lui, dal percorso trasversale e con un futuro da editor lei, i due creatori ci svelano questo progetto, la cui intenzione è fornirci le coordinate non solo di una città ma di un vero e proprio stile di vita.

Come? Per il momento mediante una raccolta di micro-storie ambientate nell’area urbana ed extraurbana di Bologna, un urban storytelling che si propone di preservarne la tradizione e ammirarne l’evoluzione.

Stefano e Camilla ci raccontano questa storia, ancora al primo capitolo (il progetto nasce a marzo 2021) ma la cui trama è già ben delineata e pronta ad emozionare tutti coloro che avranno voglia di lasciare, o raccogliere, una briciola. O meglio, una «brisel».

Insomma, una vera e propria “mappa emozionale”, entro la quale tutti possano orientarsi e parlare lo stesso linguaggio: il bolognese, naturalmente.

Stefano e Camilla, partiamo dal nome: perché Brisel? 

«Brisel in dialetto bolognese significa “briciole”. Per noi e Bologna è fatta di tante briciole: aneddoti, ricordi, desideri e tutto quello che rappresenta la vita della città. Pezzi di Bologna descritti mediante l’esperienza di chi la vive o l’ha vissuta, che permette ai lettori di aggirarsi per la città vedendola con occhi diversi».

 

In che modo?

«Vogliamo sfruttare tutte le potenzialità dei social per creare una sorta di “mappa emozionale” di Bologna. Attraverso la geolocalizzazione di ciascuna zona, permettiamo all’utente di aggirarsi nella città per raggiungere effettivamente questi luoghi e vederli con occhi diversi. L’idea è che siano i bolognesi a raccontarsi, noi facciamo da medium tra le loro parole e la città».

 

Un’idea che ha a che fare con l’isolamento e la solitudine cui siamo stati costretti nell’ultimo anno.

«Assolutamente, Brisel nasce proprio in quarantena per fare da collante tra le persone, così che possano vivere comunque la città anche da uno schermo. E qui i social ci aiutano non solo a comunicare qualcosa ma anche a condividerlo. Ci piace pensare a Bologna come a un’influencer che raccontando sé stessa con il suo stile di vita, i suoi avvenimenti, i suoi ricordi, ti ingloba nella sua realtà».

Camilla Fabbri

La narrazione al centro di tutto. Cosa significa per voi raccontare storie?

 «A livello strutturale arriviamo da un’associazione culturale che si chiama Tweet Charity, che da una decina d’anni si occupa di teatro musicale. Come impostazione siamo quindi abituati a comunicare a 360°, e in quanto narratori raccontare storie per noi è vitale. Infatti, anche la parte teatrale non mancherà, alcune briciole sono già narrate da attori, così da utilizzare anche la voce per essere pienamente comunicativi. Sul cartaceo narrare significa mostrare qualcosa di sé e far sì che questa realtà possa trovare la sua voce nel mondo. Questo si riconnette al concetto di briciola, in qualche modo lasciare traccia nel mondo».

 

Serve quindi riuscire a farsi comprendere?

 «Oggi più di ieri. Probabilmente, la distanza tra le generazioni si sta allargando sempre più, quello che vogliamo fare è trovare un codice comunicativo che le unisca. Questo sarà anche il core del nostro progetto: mettere in contatto mondi che sono agli antipodi e che invece attraverso il racconto, una delle forme di comunicazione più antiche, riescono a narrare una storia universale. Unire i tempi diversi delle generazioni: quella che ha fatto della carta stampata e dei media tradizionali i suoi pilastri, e la nuova, molto più veloce e che racconta sé stessa attraverso contenuti sui social, che pur rimanendo sono labili, come “piccoli fulmini”».

 

Però sui social si raggiunge un pubblico tendenzialmente giovane o comunque abituato a questo strumento, come si connette con le generazioni precedenti?

«Il progetto è strutturato in cinque fasi, per ora siamo alla prima, solo la punta dell’iceberg. Possiamo però già anticipare qualcosa di quello che faremo in futuro. Soprattutto in un periodo come questo in cui le attività locali sono in ginocchio, è importante cercare di riportare le persone proprio in quelle realtà locali in cui Bologna si manifesta».

Stefano Bonsi

Quindi anche loro diventeranno parte di Brisel?

«Esatto. Stipuleremo partnership con loro, rendendole luoghi in cui le persone potranno ritrovare alcuni racconti. Sceglieremo quindi dei rappresentanti di settori diversi che saranno protagonisti di una personale rubrica all’interno di Brisel, tramite la quale potranno mettersi in contatto con il proprio pubblico. L’intento sarà mettere in comunicazione persone che parlano “lingue” diverse, così che tutti alla fine si esprimano nella stessa: quella di Bologna».

 

Leggevo sul sito che il vostro “urban storytelling” ha come obiettivo la conservazione della memoria cittadina. Conservare per preservare: pensate che in qualche modo si stia perdendo questa memoria oppure è semplicemente un modo per mettere insieme i pezzi?

«Entrambe le cose. Il nostro progetto, come spero già traspaia dai primi racconti, non è quello di guardare al passato ma alla vita presente di Bologna, raccontando la sua storia. La storia di una persona, se vogliamo personificare la città, è fatta anche di ricordi, quindi c’è sicuramente un duplice aspetto da considerare: la conservazione della memoria attraverso i racconti, ma anche trasmettere quella stessa memoria per far capire chi è Bologna oggi. Questo è un progetto che non vuole raccontare il passato ma il presente della città, quindi diciamo che è una combinazione delle due cose».

 

Avete anche una sezione beneficenza, cosa significa “dona una briciola”?

«La beneficenza si può fare in due modi: innanzitutto mediante una sorta di crowdfunding interno, quindi “dona una briciola” semplicemente per contribuire ai fondi che ci serviranno per proseguire il nostro progetto. La donazione è simbolica e di solo di 1 €, letteralmente una briciola per questa causa. Ma la parte che ci preme di più è quella legata al mondo degli enti benefici, visto che come Associazione Culturale Tweet Charity nasciamo proprio per la beneficenza, vogliamo metterci in comunicazione con realtà benefiche di Bologna. Tramite racconti che saranno specifici per raccogliere fondi, doneremo loro piccole grandi briciole di solidarietà. Inoltre, questa rappresenterà l’occasione perfetta per le associazioni di mettere in mostra il proprio operato sul territorio».

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