Musica & Libri

Eugenio Bennato al Bravo Caffè. “Bologna è un centro multietnico. Per questo qui ho fondato Tarantarte”

27-11-2019

Di Salvo Bruno

Una carriera e una discografia che vantano ormai cinquant’anni, la ripresa e la salvaguardia delle sonorità folk mediterranee e popolari, ma anche una partecipazione a Sanremo nel 2007, colonne sonore e concerti in tutti e cinque i continenti, dall’America all’Australia, al Nord Africa.

Proveniente dalla scuola di cantautori napoletana nella quale si sono formati anche il fratello Edoardo, Pino Daniele, Alan Sorrenti e altri, Eugenio Bennato ormai da anni si fa portavoce di un tipo di canzone che parla di popoli e di migrazioni, di storie di riscatto e di ingiustizie, di razzismi e dei vari Sud del mondo, toccando anche la secolare “questione meridionale” del Sud Italia e il fenomeno del brigantaggio, in una modernità accecante che spesso è sinonimo di omologazione e abbandono e rifiuto della tradizione.

È proprio la tradizione insieme ai suoi sound, infatti, a ispirare maggiormente l’artista napoletano: riscoprendola e rifacendosi a essa, Bennato fa sì che ritmi e generi lontani e vicini, da quelli tribali ai quelli più squisitamente mediterranei vicini a noi, si mescolino e si proteggano a vicenda diventando un unicum inscindibile.

Con i suoi testi e le sue musiche, Eugenio Bennato riscrive quella stessa tradizione e le dà nuova linfa e nuovo pubblico, rendendola attuale presso le nuove generazioni, facendo di tutto questo la sua firma nella tradizione melodica italiana. Da Napoli al mondo, in direzione ostinata e contraria.

Lo abbiamo intervistato prima del concerto al Bravo Caffè, storico locale di via Mascarella dove si esibirà domani 28 novembre.

Hai una carriera artistica che ormai vanta cinquant’anni di sperimentazioni musicali, colonne sonore, una corposa discografia, libri, partecipazioni al Festival di Sanremo, Nastri d’Argento e concerti in piazze e teatri in ogni continente e ogni latitudine. Cos’è cambiato nella tua musica dagli esordi a oggi?

“Per fortuna è cambiato tantissimo. Quello che scrivevo decenni fa non potrei scriverlo oggi, perché la musica è materia viva che per esistere e avere senso si muove nel tempo”.

Hai abbandonato un tipo di musica più popolare e commerciale degli esordi per dedicarti esclusivamente a testi che parlano di amore e nostalgia, ma soprattutto di Sud del mondo, di Sud Italia e delle sue sonorità tipiche, nonché di temi come la “questione meridionale” e il razzismo, l’emigrazione e l’immigrazione. Testi quindi che si rivolgono a un pubblico decisamente più ristretto.
Quanto pensi sia importante portare avanti questo tipo di musica oggi?

“La risposta la danno le migliaia di ragazzi di una nuova generazione che hanno oggi compreso l’importanza della propria identità in contrapposizione alla globalizzazione massificante”.

La tua figura di artista è indissolubilmente legata a Bologna perché qui nel 2000 hai fondato per la prima volta la Scuola Taranta Power, tuttora attiva come Tarantarte, un’associazione che si occupa di promuovere e approfondire le danze del Sud Italia e del Mediterraneo. Perché proprio Bologna?

“Perché Bologna è da sempre un centro multietnico aperto a tutte le culture diverse, a partire dai ritmi del sud”.

La musica e i gusti musicali sono cambiati e continuano a cambiare, così come supporti e gli strumenti, fino allo strapotere delle piattaforme di streaming ormai usate da tutti. Se da un lato si evita la pirateria, dall’altro si ostacola l’industria discografica.
Pensi che le nuove tecnologie possano far arrivare e far conoscere la musica popolare a un pubblico nuovo e più ampio, nonostante la globalizzazione?

“Oggi in Italia (e nel mondo) è netta la contrapposizione tra una musica di consumo e una musica dei popoli. Quest’ultima è viva e presente e utilizza a pieno le tecnologie contemporanee, pur restando al di fuori degli impenetrabili giochi di potere delle multinazionali”.

L’ultimo album, Da che Sud è Sud, risale ormai a due anni fa. Qualche novità sui progetti per il futuro?

“Tanti progetti, nuove melodie, un grande festival che si terrà a Napoli in primavera, che è diretto da me ed accoglierà i maggiori artisti della musica popolare mediterranea”.

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