È attorno alla misteriosa morte del Secondo Segretario generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjöld, che si sviluppa la narrazione di Cold Case Hammarskjöld, documentario danese diretto da Mads Brügger. Da poco vincitore del premio per la regia dello stesso al Sundance Film Festival, è arrivato in questi giorni al Biografilm Festival.
Non sono previste altre proiezioni al festival, ma il regista ha confermato che è stato già acquistato nel nostro paese e che dovrebbe essere distribuito entro l’anno.
Abbiamo raggiunto il regista ed abbiamo discusso con lui le tematiche di questo suo ultimo lavoro:
“Per me tutto ebbe inizio nel 2011 – ci racconta – quando lessi casualmente un articolo riguardante Göran Björkdahl, uomo del posto che stava ancora conducendo delle ricerche sul caso Hammarskjöld. Inizialmente ero diffidente, in quanto mi chiedevo se non fosse uno dei molti mitomani che cerca di mettersi in mostra con le proprie teorie cospirazioniste più assurde, ma una volta incontrato lo vidi incredibilmente logico e razionale, e decisi così di studiare insieme a lui questa vicenda. Dopo poco andai all’Istituto Cinematografico Svedese per cercare i finanziamenti necessari alla produzione del film”.
Era il 18 settembre 1961, quando l’aereo con a bordo Hammarskjöld si schianta rovinosamente al suolo, ma la storia in cui si addentra Brügger si tinge subito di contorni sfumati, di scoperte che hanno dell’incredibile: “capimmo molto presto che dietro la morte di Hammarskjöld vi era l’organizzazione paramilitare Saimr con il suo piano definito ‘Operazione Celeste’, nome in codice di un programma che prevedeva l’assassinio di del Segretario svedese. Trovammo svariati documenti che riportavano questi fatti presso le udienze del Commissione per la verità e la riconciliazione (ndr. tribunale straordinario istituito in Sudafrica dopo la fine dell’apartheid). nel ’98”.
Ma questo non è tutto, a rendere ancor più terribile questa triste serie di eventi vi è anche un’altra rivelazione: l’assassinio di Hammarskjöld fu l’ultimo tassello di un piano politico suprematista, che mirava ad iniettare Hiv tra gli uomini neri sudafricani, in modo da portarne il futuro sterminio, un nuovo olocausto. “Realizzai che avevamo aperto un vaso di Pandora – spiega al pubblico nel suo documentario – che accanto a queste vicende vi era un mondo enorme, un mondo di cui tutt’ora si continuano a scoprire le segrete implicazioni.”
Brügger è un regista ormai rinomato fra i documentaristi contemporanei: passando da documentari girati dentro la Corea del Nord (The Red Chapel) fino allo smascheramento di compravendite illegali di diamanti nel profondo entroterra africano (The Ambassador, film per cui vi sono ancora cause legali in corso) egli si muove sempre al limite de legale, riuscendo a dar luce anche ai più sordidi problemi che affliggono la nostra società.
Famoso per non far mai annoiare il suo pubblico, grazie alle sue doti da narratore e giornalista a tutto a tondo, egli si dichiara sorpreso del corso che prese la sua pellicola: “in prima battuta pensavo che questo film sarebbe stato semplice da fare per via della mia poca conoscenza del caso Hammarskjöld, solo dopo mi accorsi di quanto vi fosse dietro: un universo enorme mi si palesò davanti, un universo che ne richiedeva uno studio talmente titanico da renderne quasi impossibile l’analisi.
Tutti a Copenaghen si prendevano gioco di questa mia ricerca e pensavano non sarei mai riuscito a portarlo a termine. Tuttavia, questo concetto un po’ megalomane di due uomini di mezza età che volevano dimostrare un piano segreto per assassinare un Segretario delle Nazioni Unite, mi conquistò e così decisi di dare tutto me stesso per portare a termine le mie indagini”.
Ad arricchire il quadro narrativo vi sono diverse scelte stilistiche, marche di un vero e proprio autore indipendente: “durante le riprese elaborai anche l’idea di mettere me stesso all’interno del film, così da aiutare il pubblico nella narrazione di queste gigantesche ricerche. Per non saturare la narrazione con montagne di dati coinvolsi le due segretarie che si vedono nel film, in modo sia da usarle come primo feedback allo sviluppo narrativo, che per dare un maggior tocco di varietà ad una pellicola che rischiava di avere al suo interno solo molti uomini bianchi di mezza età”.
Questo progetto giornalistico, tuttavia, non si fermerà con questo film, ma promette futuri sviluppi e ampliamenti, come conferma lo stesso Brügger sul finire dell’incontro: “a luglio pubblicherò un nuovo report, in cui parlerò sia di un recente incontro che abbiamo attuato fra Alexander Jones (ndr. testimone chiave all’interno del film) e le Nazioni Unite, sia delle ultime notizie sul fronte politico sudafricano, tra cui le ultime indagini della British South African Foundation, fondazione chiave nello studio dei crimini dell’apartheid. Molte domande sono tutt’ora senza risposta”.
Qui gli altri film presentati al Biografilm Festival che abbiamo visto:
> IL DOCUFILM SULLA VITA DI MARADONA
> QUANDO LUTHER BLISSETT INVENTÒ LE FAKE NEWS
> LETIZIA BATTAGLIA SI RACCONTA
> KEMP. IL RITRATTO DEL POETA-CLOWN
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