“Ma ho visto anche degli zingari felici
Corrersi dietro, far l’amore
E rotolarsi per terra
Ho visto anche degli zingari felici
In Piazza Maggiore
Ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra”
Così, nel 1976, Claudio Lolli raccontava un pezzetto di Bologna felice.
Una felicità zingara che corre e rotola per le strade e che oggi facciamo più fatica a trovare. Per questo ci siamo chiesti dove sia finita questa felicità. E noi siamo andati a cercarla anche dove i pensieri tendono a rimanere saldi per un po’ più di tempo: i muri della città.
“A Bologna, come in tutte le città, i graffiti sui muri esprimono per lo più disagio: frasi che raccontano frustrazione o ribellione. Col tempo si sono evolute in qualcosa di più comico, ma l’elemento disturbante c’è sempre. Quasi tutte le scritte fanno leva o sulla nostalgia o sul cinismo, seppure in chiave comica, questi elementi ricorrono. C’è un’infelicità comica, più che una felicità comica”.
Così mi risponde quel ragazzo fuorisede che sei anni fa decise di fissare le scritte dei muri di Bologna anche sul web, su una pagina Facebook che praticamente tutti ormai conosciamo: Scritte ignoranti a Bologna. Da due anni anche su Instagram. Il progetto è evoluto e, con il contributo di alcuni amici, ha creato una narrazione collettiva di una città universitaria fra paradossi e comicità.
Ho cercato di capire come è cambiata Bologna, anche attraverso i suoi muri. E questo è quello che mi ha raccontato chi la osserva e la vive dai sui muri e dalle sue disavventure.
Per il compleanno della pagina hai scritto questo: “Sei anni di narrazioni e mitizzazioni del nulla tra mobike, bovid, tornelli, divani, materassi, scritteignoranti, disavventure, lauree, birkenstock, cfu, freschello, fuorisede, bolocj, pokemonBO, controlla, piazza verdi, e tanto altro. Grazie a tutti”. Ecco, dare valore al “nulla” in cosa può aiutarci secondo te? Possiamo esorcizzare il reale e apprezzare le piccole cose di tutti i giorni?
“Senza dubbio, assolutamente sì. Io ho pochi talenti nella vita, l’unico che ho davvero è la mitizzazione del niente assoluto. Sembra banale, ma l’arte di cazzeggiare non è così scontata.
Prendi l’esempio delle mobike. Alla fine la mobike cos’è? Nulla, se non una bici. Però ci puoi costruire sopra tantissimi significati: il male del capitalismo, mobike che da nemico diventa amico. Diventa quasi una sorta di telefilm, di trama, con elementi ricorrenti in cui ognuno può riconoscersi”.
Il riconoscimento in una narrazione collettiva di ciò che accade in città: forse non è un obiettivo così banale da raggiungere.
“Dopo alcuni anni mi ero reso conto che solo le scritte non mi stimolavano più, nonostante ci fosse la componente creativa del trovare un commento divertente per condire i post.
Serviva diversificare i contenuti e così ho provato Instagram, due anni fa, scegliendo uno sguardo diverso: quello delle disavventure. Da lì sono arrivati racconti quotidiani, anche grotteschi, di tutto ciò che accadeva agli universitari di Bologna e non solo.
In quel momento capii che ‘Scritte Ignoranti a Bologna’ poteva esistere anche senza scritte ignoranti. Quelle scritte potevano rappresentare anche qualcos’altro. La pagina è quindi evoluta da semplice raccolta di graffiti ad una vera e propria community universitaria, andando a costruire la narrazione di una vita colorata, creativa e piena di stimoli che un fuorisede o un universitario può vivere a Bologna”.
Hai visto cambiare la città attraverso i suoi muri? Se sì, come?
“La città non saprei, però secondo me le scritte sui muri sono cambiate radicalmente. Le prime che raccoglievamo, insieme ad amici e coinquilini che tutt’oggi mi danno una mano, vertevano quasi tutte su un estremismo politico, soprattutto di sinistra. A volte degli attacchi così estremi che mi apparivano quasi comici. Poi negli ultimi anni tutto è diventato più ‘soft’: c’è un proliferare di frasi ad effetto ed elementi comici”.
Qualcuno però potrebbe accusarti di favorire l’apparizione delle scritte sui muri
“Nel tempo le critiche ci sono state, ma sono consapevole del rischio. So che potrei attirare persone che nel loro egoismo narcisistico godono a sapere che una loro scritta prende seimila like. Proprio per questo cerco di fare una selezione sensata: se vedo una scritta su una facciata troppo evidente o troppo vandalistica, evito di postarla. Non mi interessa dei like, preferisco dare spazio alla narrazione collettiva“.
In sei anni cosa ti hanno insegnato i muri di Bologna?
“La città mi ha dato tanto. Arrivato a Bologna sono rimasto folgorato: è un ambiente stimolante e creativo, pieno di gente. Anche pieno di paradossi ed estremismi. C’è materiale potenzialmente infinito su cui creare un sentimento comune.
Chiaramente la pagina restituisce un’immagine parziale e deformata di Bologna. Chi crede che Bologna sia solo le cose che ci sono sulla pagina è abbastanza ingenuo. Se la città mi ha dato tanto, le scritte invece non mi hanno insegnato molto. Molte però mi hanno regalato istanti di felicità pieni”.
La tua scritta preferita di sempre?
“Una delle più emblematiche, che secondo me racconta l’anima dello studente bolognese in due parole, è ‘Spritz & Tafferugli‘. La contraddizione dello studente bolognese fra protesta e benessere, una protesta un po’ imborghesita. Cosa che non critico, perché probabilmente ne faccio parte anche io”.
E ora? Avete pensato ad ulteriori risvolti? Come potrebbe evolversi ulteriormente?
“Quello che vorrei fare è trasformarla in una realtà più concreta, partecipare ai progetti cittadini, avviare collaborazioni. Il sogno proibito sarebbe organizzare e promuovere concerti, anche perché alla fine è quello che vorrei fare ‘da grande’”.
Nel frattempo, la pagina ci ha regalato il Boloscopo 2021, perché ormai lo abbiamo capito, Paolo Fox non è una persona affidabile.
Che fine ha fatto la felicità?
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