Ci siamo mai chiesti il nome del porta pizze che spesso guida sotto la pioggia ed è costretto a salire quattro rampe di scale mentre noi ce ne stiamo comodamente seduti sul divano? Abbiamo mai pensato che dietro ad un ritardo nella consegna, per il quale tanto ci siamo adirati, potesse esserci una storia importante, una storia che valesse la pena di ascoltare?
Nell’era del tutto e subito, della pigrizia fisica e sociale e delle comodità a portata di clic, che a consegnarci del cibo a domicilio sia un umano o un drone poco importa.
Da questa riflessione nasce Pizza Boy, di Gianluca Zonta ambientato a Bologna e prodotto da Combo, cooperativa di servizi e casa di produzione bolognese. Il cortometraggio è stato proiettato giovedì scorso al cinema Teatro Galliera di Bologna per il Terra di Tutti Film Festival in programma tra Bologna e Firenze dal 10 al 13 ottobre. La prossima proiezione sarà in occasione del Festival del Cinema di Roma giovedì 17 ottobre alle 14,30 nella sala Alice TimVision, all’Auditorium Parco della Musica.
La pellicola si rivela un’acuta riflessione sul rapporto con l’altro, inteso come altro da sé, che si estende fino a una dimensione globale, toccando temi delicati come l’integrazione, l’accoglienza e il decreto Ius Soli. È la storia di Saba (interpretato da Giga Imedadze), un ragazzo georgiano che di mestiere fa il rider a Bologna.
Durante un turno serale riceve una chiamata da sua moglie: le si sono rotte le acque. Impassibile di fronte al lieto evento, il titolare lo esorta a ultimare le consegne prima di potersi recare in ospedale. In tempi in cui siamo in balia del precariato e dei contratti a tempo determinato, conciliare il lavoro con gli affetti e la vita familiare diventa sempre più difficile. Il lavoratore si trova spesso in situazioni poco elastiche nelle quali qualsiasi emergenza personale va rimandata.
Ci chiediamo quale sarebbe stata la reazione del padrone se il rider fosse stato italiano. “Credo che se Saba fosse stato italiano, non sarebbe cambiato poi molto, ma mi piace che rimanga il dubbio”, dichiara il regista.
Durante la corsa frenetica attraverso le strade di una Bologna notturna e silenziosa, Saba si scontra con tre personaggi totalmente diversi, simbolo di un’umanità cambiata, spesso alla deriva.
“Ho concepito Pizza Boy circa due anni fa – racconta il regista – mi piaceva l’idea di raccontare la storia di un porta pizze vista dal suo lato perché quando riceviamo una consegna nessuno pensa mai a chi ha davanti”. Tra la ragazza nuda di fronte ad una webcam accesa e lo studente che non si fa scrupoli a tirargli i soldi addosso perché la pizza è fredda, Saba trova giusto il tempo di accompagnare la moglie in ospedale.
“Mi interessava far emergere il senso di solitudine imperante dei nostri giorni, dove si è perso ogni spirito empatico verso il prossimo, ogni volontà di approfondimento”. L’ultima consegna è ad Antonio, un anziano che accoglie il ragazzo georgiano in casa, offrendogli addirittura uno spicchio di pizza e una birra, quasi desideroso di avere della compagnia.
Figlio di un’altra generazione e possessore di un cuore grande, il personaggio di Antonio, interpretato da Roberto Herlitzka, potrebbe essere letto dallo spettatore come un barlume di speranza.
Saba e sua moglie chiameranno il loro primogenito proprio Antonio, un nome italiano. Non sappiamo se il bambino otterrà mai la cittadinanza italiana nonostante il concepimento in Italia e una probabile vita futura nel nostro Paese. Il riferimento allo Ius Soli viene esplicitato solo alla fine del corto: “il mancato riconoscimento giuridico pesa a chiunque si senta radicato nel luogo in cui vive e può compromettere il completo senso di identità”.
Pizza Boy è uno dei primi lavori di cinema sociale per Gianluca Zonta. “Conosco Miguel Gatti di Combo Produzioni da molti anni e tra noi c’è un rapporto di fiducia reciproca e mi è venuto spontaneo rivolgermi a lui. Con le piccole case di produzione poi è tutto molto più facile, anche dal punto di vista umano”.
Abbiamo chiesto al produttore quanto la Cooperativa sposi alcuni dei valori costitutivi di Pizza Boy come l’integrazione e l’accoglienza. “Siamo attenti a queste tematiche anche perché il multietnico è parte del nostro Dna – dichiara Miguel – abbiamo nella troupe un ragazzo cileno, un siriano, un tirocinante palestiniano; il nostro è un lavoro a volte pesante anche fisicamente e la disciplina e lo spirito di sacrificio di questi ragazzi sono strabilianti”.
Bologna idealmente considerata la città dell’apertura e dell’inclusione, quanto realmente è attiva su questo fronte? “L’integrazione è un meccanismo sociale complesso. Qui mi sento a casa nonostante sia figlio di migranti e credo che l’amministrazione abbia mosso dei passi a favore dell’integrazione, ma Bologna resta pur sempre una dimensione piccola – spiega Miguel – paradossalmente a Milano anche l’anziano che vota lega è abituato a interagire con il cinese sotto casa”.
Gianluca Zonta e la casa di produzione Combo sono ora alle prese con un lungometraggio: una commedia dal finale malinconico su due anziani che scappano da una casa di riposo durante la Notte Rosa di Rimini.
Anche quest’anno siamo media partner del Terra di Tutti Film Festival.
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Qui trovate il programma completo.
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